ISIDORE ISOU E IL LETTRISMO di Carlo Romano e Sandro Ricaldone Quando ad Isidore Isou chiesero come mai scelse di
trasferirsi a Parigi dalla Romania, rispose di aver esitato fra il soggiornare
in Russia, andare a Berlino o rimanere
in patria a fare lo scrittore yiddish. Ma Parigi era Mallarmé e
l’avanguardia. Se voleva diventare scrittore, affermò con massima naturalezza, la doveva raggiungere.
Tanto fece che nel giro di poco tempo fondò il Lettrismo, pubblicò chez
Gallimard e divenne, con l’aiuto, inizialmente, soprattutto di Pomerand e
di qualche discepolo che declamava suoni senza senso al Tabou e al Vieux
Colombier, una figura caratteristica di Saint-Germain-des-Prés. Collocato usualmente entro il vasto raggio della
seminagione surrealista, il movimento di Isou, a onor del vero, col Surrealismo
aveva poco o nulla da spartire. Ciò non toglie che dopo il 1945 fosse diventato
naturale rivendicare l’eredità d’un movimento ancora vivo e vegeto del quale, contro quella che è diventata una
fin troppo scontata evidenza, sarebbe bene, di tanto in tanto, ricordare anche qualche positivo incremento. Per certi versi, anzi, il
Surrealismo del dopoguerra era migliore di quello degli anni eroici ma, per
l'appunto, aveva perduto ogni eroismo, tanto valeva, col beneplacito di
Jean-Paul Sartre, dichiararlo morto. Sul palco del Vieux Colombier, nel 1947,
era salito anche Artaud a declamare il piscio e gli elettroshock. Queste
apparizioni, e la pubblicazione dei suoi scritti, ebbero degli effetti di lunga
durata che invogliarono personaggi disparati come John Cage e i redattori di Tel quel a rifarvisi idealmente. Da ciò,
con la dovuta mestizia, discende la considerazione che tutte le manifestazioni
del Surrealismo incontrarono, come succede ai grandi patrimoni, uno scadimento
nell’iniziativa di chi si trovò a spartirne l’eredità. I lettristi, si è detto,
non erano fra questi, anche se tentarono di sostituire il gruppo bretoniano nel
ruolo-guida. In ogni caso non erano i
peggiori quantunque siano rimasti i più trascurati. Il fatto avrebbe dello
stupefacente se non si sapesse fin troppo bene come vanno le cose fra chi si
occupa di arte e letteratura. E’ poco chiaro, d’altronde, perché Pollock o
Montale debbano esser ritenuti più importanti, grandi, apprezzabili e irragiungibili
di Isou, ma così si è voluto che fosse. Tutta l’energia posta dai lettristi a
fare del loro capo un dio in terra è servita a poco. A Isou è riuscito comunque
di guadagnare l’attributo di “papa” che a suo tempo certi maliziosi avevano
riservato a Breton, e ciò, tutto sommato, è già qualcosa, pur dovendo ammettere che l’assegnazione sia
avvenuta in un contesto di ordini, regole ed obbedienze dissomiglianti. In termini di equità e moderazione, il suo ruolo nel lettrismo è
da collocare nel novero dei fondatori di quelle religioni laiche e positive che
essendosi giovate del contributo di Auguste Comte e John Stuart Mill ottengono
di essere osservate quali bizzarrie piuttosto
che venir deplorate come, ad esempio,
succede alla Dianetica. I
lettristi, che amavano definirsi “anarchici”,
si sforzavano in tutti i modi
di spiegare che questo ruolo niente avrebbe avuto a che fare coi
rapporti che intercorrono fra maestri e discepoli. Il loro scopo era di far sì
che tutto quanto nella soggettività risultava un’incombenza potesse alfine
disperdersi nella creatività e nel piacere. Offuscati da questo fourierismo
annacquato, i lettristi rimanevano disarmati rispetto al loro capo ma non
mostravano di avvertire il peso della sua soggettività. Pomerand, il fedele
discepolo degli inizi, dopo avergli consacrato i verdi anni si sentì tradito e
si dedicò alla morfina. Morì suicida, ma fu un caso. Nell'insieme, i lettristi,
finchè rimanevano tali, erano felici di esserlo e, quando non lo erano più,
erano ben felici di esserlo stati. Come
un padre confessore, Isou sapeva qual tipo di rassicurazione impartire, e
poteva così proclamare al suo uditorio di essere un messia facendo capire che
chiunque poteva aspirare ad altrettanto avendo davanti a sé la confortante prospettiva
di un mondo fatto di artefici-maestri che predicano l’un l’altro le virtù delle
rispettive forze creative. Che nessuno si preoccupasse dunque se lo scampolo
principale della futura divino-umanità era lui, prima o poi sarebbero stati
tutti, se non Cristo, Zaratustra. Per
il momento, tuttavia, era lui che
aggregava un nome ad un messia, portava la buona novella e prendeva perfino
contatti con i sionisti sulla base della convinzione che l’ebraicizzazione
fosse un viatico alla felicità. A questo punto dovrebbe essere chiaro che
per un lettrista era sufficiente professarsi tale per equivalere al vate. La
prospettiva non dispiaceva. Isou concepiva la propria predicazione come un
sistema che capovolgeva la negatività delle avanguardie in gioia. Ai giovani
come lui, che in anticipo su chiunque altro considerava l'autentico soggetto
rivoluzionario, offriva una nuova opportunità di avvicinarsi facilmente
all’arte e alla rivoluzione, proposta tutt’altro che disprezzabile.
L'avanguardia (con il suo bagaglio di trovate e di clowneries) non aveva più il significato di una provocazione
demolitrice ma quello di un primo consapevole approccio alla vera creatività,
che è costruttiva. Sul filo del tempo,
la resistenza delle buone
intenzioni non è superiore a quella delle cattive. E accumulare sempre nuovi
"apporti", quale che ne sia la reale misura, non è più facile che
darsi a nuove provocazioni. Via via che perdeva i vecchi apostoli Isou trovava
però nuovi seguaci e, detta la sua intorno ad un argomento, ne affrontava un
altro stabilendo ogni volta i parametri di una accezione, inutile dirlo,
superlativa. Anche l’ebraismo d’origine, una volta ripudiato, veniva superato
nella nuova fede “Iperteista”. Nè deve
stupire che anche la ricerca scientifica abbia, secondo lui, acquisito un
indirizzo lettrista, quando numerosi ed esimi professori di varia umanità
s'appigliano a rade cognizioni orecchiate in quell'ambito per conferire alle
solite idee sull’arte, la letteratura, la verità, una veste che impressioni il
lettore. Isou non è meglio né peggio di loro come non lo è di Pollock o di
Montale. E i loro allievi, probabilmente,
li ritengono “dio in terra” più di quanto effettivamente i lettristi
abbiano ritenuto esserlo Isou. In ogni caso la pretesa totalizzante di Isou si è
rovesciata sul système des Beaux-Arts - appena
intaccato dalle avanguardie storiche, dove ancora i pittori potevano al più
fare scultura o scenografia e i poeti accostarsi al cinema - senza eroderne gli
argini ma in qualche modo sommergendoli.
Il punto di partenza era, com’è ovvio, la lettera, un
"materiale" che consentiva di integrare le discipline poetiche,
musicali e plastiche. Con un processo
di espansione condotto su due linee: interna la prima, basata sull'utilizzo di
tutti i segni possibili (Ipergrafia),
di tutti i supporti esistenti (Mecaestetica
integrale), sulla sostituzione dello svolgimento mentale alla realizzazione
concreta (Estetica immaginaria); esterna
la seconda, fondata sull’innesto di pratiche di performance, teatro, cinema,
danza, design ecc., Isou ha dato vita ad una scuola che attivava la dimensione
multimediale non come risultato di interazioni fra specialisti ma attraverso la
polivalenza del singolo autore. Una
polivalenza che doveva nutrire poi la diaspora del lettrismo, le cui
inevitabili diramazioni centrifughe si sono indirizzate verso molteplici
filoni: la "poèsie sonore”, anzitutto, indirizzata alla sperimentazione
delle nuove tecnologie di registrazione ed elaborazione del suono, ma che conta
fra i suoi elementi costitutivi la Megapnéumie
(1951) di Wolman (ove le consonanti vengono disintegrate per approdare ad una
pura materia sonora) e i crirythmes (1953)
di Dufrêne; l'affichisme novorealista,
nato nella cerchia ultra-lettrista di Villeglé, Hains e ancora di Dufrêne; lo Schematismo
di Robert Estivals. E che doveva fissare, con
la séance de cinema, escogitata
da Lemaître per "Le film est dejà commencé?" (1951), uno dei
prototipi delle tendenze poi associate sotto l’etichetta dell’happening. Accanto a questa frenesia d’inglobamento e
d’innovazione - di cui Debord sottolineerà l'importanza rimarcando che si
trattava di una ricerca condotta non per un gusto maniacale dell'originalità ma
per investigare "i meccanismi dell'invenzione" - e alla presa di
partito a favore della gioventù, altro aspetto decisivo del Lettrismo è la sua
carica aggressiva nei confronti delle "avanguardie formaliste" che ne
fanno, si può dire, la sola tendenza realmente iconoclasta dell'epoca.
L'analisi isouiana degli svolgimenti letterari e musicali condensata nella
"Introduction à une nouvelle poèsie et à une nouvelle musique" (1947)
ipotizzava il passaggio da una "fase di ampiezza" ad una "di
cesello", dalla creazione monumentale al frammento e quindi all'unità
elementare, una dissoluzione totale (ricercata attraverso la politanasia estetica) che avrebbe dovuto
aprire la via ad un nuovo ciclo. In quest'ottica si collocavano la poesia
impostata su unità infraverbali, il montaggio
discrepante (che dissociava la colonna sonora dall'immagine filmica), le aggressioni
alla pellicola con macchie, abrasioni, segni e finalmente il cinema senza
immagini ("L'anti-concept" (1951) di Wolman e "Hurlements en
faveur de Sade" (1952) di Debord). Ma anche queste “provocazioni insopportabili” non
erano sufficienti per la “frazione estrema”, il gruppo che darà vita
all'Internationale Lettriste (Debord, Wolman, Brau, Berna, quest'ultimo in
realtà senza un ruolo effettivo, ma ispiratore - nel 1950 - dello scandalo di
Notre-Dame, in cui Michel Mourre travestito da domenicano aveva proclamato dal
pulpito, nel giorno di Pasqua, la morte di Dio). Consumata alla fine del 1952,
dopo una disputa originata dalla contestazione promossa da Debord e compagni
nei confronti di Chaplin in visita a Parigi, la frattura nasce sul terreno dell’insoddisfazione
esistenziale, dell’“urlo e del furore” proclamati in uno dei primi numeri di
“Potlach”. Il rimprovero mosso alla
“componente retrograda” di Isou, consisteva in sostanza nella incapacità di
rendere “la vie passionnante”. Non che
i membri ufficiali e ufficiosi dell’I.L. andassero allora, sotto questo
profilo, molto al di là della mera rivendicazione e di una sorta di bohème che aveva al suo centro
l’ebbrezza alcoolica perseguita con accanimento nei locali del Café Moineau o
qualche liaison con minorenni fuggite
di casa. E’ comunque riappropriandosi delle tematiche
surrealiste (e prima ancora rimbaldiane) del riscatto della vita quotidiana e
delle passioni che l’Internationale Lettriste si differenzia dall’impostazione
isouiana, centrata sulla novazione creatrice.
Il duplice riferimento si ripercuote anche sul piano dell’attività più
schiettamente artistica che, come le conseguenti elaborazioni di poetica,
appare in qualche modo scissa. Da un lato la pratica della dèrive (tecnica di passaggio improvviso attraverso atmosfer
ambientali diverse) di ascendenza surrealista, dall’altro il detournement che al di là dei richiami
lautreamontiani e brechtiani e il possibile riferimento al ready made si presenta fin dalla sua stessa definizione (spiazzamento
di elementi estetici prefabbricati. Integrazione di elementi artistici attuali
o passati in una costruzione superiore) come procedimento di nitida seppur
dissimulata impronta lettrista. Gli sbocchi successivi dell’esperienza
dell’Internationale Lettriste, l’urbanismo unitario e la costruzione di
situazioni, sviluppano in maniera più originale la sorgente surréalisante dell’ispirazione del
gruppo (Ivan Chtcheglov, il primo teorico dell’Urbanisme unitaire, era un fan
di De Chirico), ponendo le basi per l’incontro con il M.I.B.I., che attraverso
Jorn e Cobra, attingeva alla medesima fonte. I nuovi obiettivi, sottolineati
dall’adozione di un’altra sigla, introducono - ancora con qualche ritegno - le
problematiche dell’inflazione e del superamento dell’arte. Ma il passaggio
dall’estetico al politico, sul finire dell’esistenza anagrafica dell’I.L., si
profila appena sullo sfondo. Se Debord non immaginava, nel 1957, che dieci anni
dopo avrebbe pubblicato la “Societé du Spectacle”, Isou sapeva invece già nel
1946 quali sarebbero state le opere che avrebbe scritto. Naturalmente è una
questione di cocciutaggine, non di profezia. Ma, in definitiva, cosa è stato il
Lettrismo? Trattandosi di un movimento che si vuole costantemente superare e,
per quanto longevo, riserva a sé stesso la sorte di una perenne crescita è
difficile isolarne un momento focale. Consuetudine vuole che questo ruolo sia
riconosciuto agli anni che coincidono con le battaglie per un’affermazione che
nello specifico è stata assai relativa. Il problema, comunque, non è decisivo:
in più di mezzo secolo di vita, il Lettrismo ha operato senza neppure avvertire
la tentazione di riciclarsi altrimenti. La sua indifferenza a quanto avveniva
ed avviene, nelle arti, fuori dal suo ambito è pari alla presunzione di aver
anticipato tutto. Che in ciò ci sia del vero lo si è visto, tuttavia
l’indifferenza dei lettristi è stata ripagata con l’indifferenza delle arti nei
loro confronti. Forse anche per questa
singolare circostanza la giovinezza è divenuta per i lettristi la condizione
definitiva della vita. Ma anche se più sopra abbiamo loro riconosciuto un
qualche primato in materia è doloroso dover ammettere che su questo piano aveva
forse più vigore Benito Mussolini e che, cronologicamente, altri sono stati più
tempestivi, Bertrand de Jouvenel (il nome era già un programma) ad esempio. Su
un punto non si può tuttavia transigere, ed è quello delle immediate
conseguenze della loro predicazione. Si
è riscontrato come, a dispetto di ogni velleità antagonistica, Isou rimanesse
paradossalmente una presenza indifferibile tanto per Debord e Wolman, ai primi
vagiti dell’Internazionale Lettrista, quanto per Estivals e gli ultra-lettristi
al momento dell’uscita di “GRAMmeS” (1958). Asger Jorn, ai tempi
dell’Internazionale Situazionista, pur critico verso il “sistema di Isou”, ebbe
modo, in svariate occasioni, di celebrare il Lettrismo come gruppo
d’avanguardia anche a scapito di quello dal quale lui stesso proveniva, vale a
dire Cobra. Una buona dose di fascino, il Lettrismo e il suo capo devono dunque
averla esercitata in una chiave che non sempre è rinvenibile con facilità
partendo dai documenti espressi. Michèle Bernstein riteneva il giovane Isou
capace di soggiogare attraverso la bellezza. Mettendo a confronto delle fotografie,
e riconoscendo ad Isou tutto quel che merita, non è tuttavia difficile intuire
perchè poi i giovani gli abbiano preferito Elvis Presley, ma che sia lui stesso
(più verosimilmente che sia stato) il
documento più espressivo del Lettrismo potrebbe esser vero sotto diversi
aspetti. Nei manuali scolastici francesi è entrato nel 1968. (1999) >>> TORNA ALLA PAGINA
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