LA QUESTIONE LABORATORIO di Sandro Ricaldone “Mon cher Enrico, maintenant
je suis de retour d’Alba aprés un sejour extremement fertile. Nous avons a Alba
fondée le PREMIERE LABORATOIRE EXPERIMENTALE du mouvement internationale pour
un Bauhaus imaginiste avec le directeur dott. Giuseppe Gallizio”. Così, in una lettera (1) su carta
intestata del Ristorante Hotel Savona che reca la data del 6 ottobre 1955,
Asger Jorn partecipa a Baj la svolta - determinata da un incontro essenzialmente (benché non
del tutto (2)) fortuito - impressa al movimento da lui creato sul
finire del 1953 a Villars Chésières (3) in Svizzera. La ragione di questo
nuovo tentativo è indicata chiaramente: “je m’imagine que nous avons trouvé
cette detail qui nous manquait ici pour rendre vraiement puissante notre
mouvement, c.a.d. le contremouvement intellectuelle et critique”. Pur mostrando di apprezzare la “spontaneità
estetica” degli artisti italiani, Jorn
rimarca in loro un difetto di capacità autocritica, che finisce per
trasformarne la forza in debolezza. Per questo motivo gli sembra importante
l’aver incontrato “des philosophes professionels qui sont en meme temps des peintres” e gli paiono quindi meglio
idonei a gestire, accanto all’aspetto attivo del movimento, in cui sono impegnati gli
artisti nucleari, “l’aspect reflectif et secondaire, le recul et le base
d’observation”. Da queste riflessioni si evince come la strategia
elaborata da Jorn per il Bauhaus immaginista - pur riprendendo sul piano
organizzativo gli schemi dell’esperienza CoBrA: collegamenti internazionali,
incontri di artisti, rivista - prevedesse un rafforzamento ed una
sistematizzazione della piattaforma critica del movimento (sarà probabilmente
quest’esigenza a costituire, negli anni immediatamente successivi, la base
dell’intesa con Debord (4 )). L’artista danese intravedeva, infatti, i pericoli
del procedere senza obiettivo (l’“opportunismo tattico” contestato nella stessa
lettera ai Nucleari), come quelli di una stabilizzazione fondata sull’inserimento nel circuito
commerciale (che attribuisce invece agli Spazialisti). Entrambe le situazioni non potevano, a suo
giudizio, condurre ad un effettivo rinnovamento: l’una perché destinata
indefinitamente a “fluttuare nell’aria”, la seconda perché consegnata alla
ripetizione imposta dal mercato. La
premessa necessaria ad un effettivo rinnovamento consisteva quindi, per lui,
nella costruzione di “un fondamento ideologico e metodico” (5 ). La motivazione fornita da Jorn nella lettera che si
è citata risulta tuttavia parziale. Mentre, infatti, va a fondo su un tema per
lui di grande importanza (e che non sarà risolto durante l’esperienza albese,
nonostante il lancio di Eristica e lo svolgimento del Primo congresso mondiale degli artisti liberi) non dà in alcun modo
ragione della fondazione di un “laboratorio”.
Se, come sembra, l’obiettivo fosse consistito nel
presidiare uno spazio teorico, la dimensione della rivista sarebbe risultata
assai più congeniale. L’ipotesi che si può azzardare (senza, va detto, disporre
di argomenti conclusivi) è che vedesse nel laboratorio un ancoraggio fisico,
una base necessaria per lo sviluppo dell’azione del movimento. Piero Simondo ha sostenuto, in un intervento
pronunciato durante il Convegno tenutosi ad Alba nel 1984, in margine ad una
retrospettiva dedicata a Pinot Gallizio, che il laboratorio “nacque come forma
specifica al confine tra artigianato ed industria, come il suo nome Bauhaus
voleva significare” (6) . In verità l’accenno all’artigianato, benché
indubbiamente consono al livello organizzativo e - se si vuole - “tecnico”
della struttura, contrasta con talune circostanziate prese di partito e, in
specie, con il discorso tenuto da Jorn in apertura del Congresso di Alba, ove
puntualizza: “L’erreur de l’ancien Bauhaus était inclue dans son mot d’ordre du
Staadtlichen Bauhauses Weimar: ARCHITECTES, SCULPTEURS, PEINTRES, NOUS DEVRONS
TOUS RETOURNER A L’ARTISANAT. Ce mot d’ordre avait peut-etre à l’époque una certaine
actualité mais aujourd’hui l’artisanat est devenu un petit domaine insignifiant
en comparaison de celui de l’industrie et de celui de l’art libre” (7). Rimane nondimeno valida l’idea che il laboratorio
rappresentasse per Jorn la possibile dimensione operativa del Bauhaus
immaginista, un cantiere ristretto (“une chose clos ou personne peut travailler sans le consentement de nous
trois”, scrive ancora nella menzionata lettera a Baj) ma permanente, dove al
“lien souple” tipico della bohème e del nomadismo si sostituisse la formula
dell’equipe di lavoro propria dell’ambito scientifico. La scelta del termine “laboratorio” (8 )aveva infatti indubbie implicazioni in
quest’ultimo senso. Se ne fa cenno nel volantino programmatico inserito in Eristica, ove la rivendicazione della libertà di ricerca artistica viene posta
in parallelo con la preoccupazione per la libertà della ricerca scientifica;
ove si afferma inoltre la complementarità metodologica fra “la ricerca
soggettiva (artistica)” e “l’obiettivazione scientifica” per esigere in ultimo
la disponibilità degli “stessi mezzi e possibilità economiche e pratiche delle
quali già si servono le ricerche scientifiche naturali con formidabili
risultati”. Al di là di un tributo al fascino esercitato dal
modello scientifico, abbastanza diffuso in quel periodo negli ambienti
artistici (9), non si rintracciano peraltro, in altri testi coevi,
indicazioni operative. Gallizio, chimico-farmacista-enologo è stato dunque,
paradossalmente, “direttore tecnico” di un’entità priva “di tecnica, di
scienza, di strumenti e di tecnologie” (10) in cui comunque il tema
del rapporto arte-scienza inizia un percorso segnato dalle tappe della
riflessione di Jorn (la discussione del concetto scientifico di dissimmetria in
Mouvement et forme (1957); lo
studio Naturens orden. De divisione
naturae (1962), in cui assume la
teoria della complementarità di Niels Bohr ricavandone talune applicazioni al
campo della pittura (11)) e dall’evolvere dell’opera di Gallizio e di
Simondo, che daranno - rispettivamente con La
caverna dell’antimateria (1959) e
con le Topologie (1960-1963) (12) - secondo modalità
assai differenti, emozionale la prima, analitica la seconda, compiute dimostrazioni
del loro coinvolgimento in questa tematica. Sebbene anche il termine “sperimentale” con cui si
qualifica il laboratorio sia di matrice scientifica, il suo impiego appare
volto a segnalare la disposizione libera della ricerca, sottolineando nel
contempo la continuità (sia pure trasposta “su una base più avanzata”) con
l’avventura di Cobra (13): un richiamo relativamente generico
all’esigenza del rinnovamento, nella prospettiva indicata da Jorn in Immagine e forma (14), apparso
nell’ottobre del 1954. “La concezione d’arte corrente fra i teorici dell’arte
moderna come Herbert Read - vi scriveva l’artista - è falsa e reazionaria. Per
essi l’arte è composta di due elementi: l’auto-espressione e l’ordine. I costruttivisti con l’abolizione della
personalità riducono l’arte ad una pura questione di ordine. Noi al contrario
aggiungiamo ai due precedenti elementi un “terzo autonomo” che è quello della
sperimentazione, cioè del rinnovamento”. E il tratto eminentemente pragmatico
della nozione jorniana di sperimentazione si manifesta appieno ne l’Interpellation au Congrés International de
“l’Industrial Design” (Xe Triennale d’Art industriel, Milan 1954), dove si legge: “Le doute scientifique
s’exprime par l’analyse, mais le doute artistique s’exprime par l’action. C’est à nous de faire
tout ce qu’on ne peut pas faire; de ne pas faire tout ce que, par tradition ou
dogmatisme, on est obligé de faire”. In concreto, come ha dichiarato Simondo, “le idee
su quel che doveva essere questo laboratorio non si rivelarono del tutto
consonanti” (15) . Se Jorn, come abbiamo visto, si mostra interessato
soprattutto all’aspetto della produzione teorica, per Simondo l’opportunità
offerta dal laboratorio consisteva principalmente nel delineare una via
d’uscita da un sistema dell’arte connotato in senso mercantile attraverso
l’identificazione di una figura di ricercatore non professionale (benché non
necessariamente autodidatta), un soggetto per il quale la prassi estetica non
rappresentasse un impegno esclusivo, esercitato in un ambito di separatezza. La
sua idea di laboratorio era quella di una struttura di base, di un “luogo dove
chiunque può provare avendo un minimo di riferimento”. “Centrale - commenta in
un’intervista apparsa nel 1992 - era
l’idea che la ricerca è aperta: puoi provare e costruire quel minimo di teoria
legata alla prassi che ti è possibile condurre” (16). In Gallizio all’epoca prevale l’interesse per le
pratiche di associazione e di trasformazione dei materiali. Si volge così “ad
‘esperienze immaginiste’ su materiali diversissimi: resine, colori ad olio ed
aniline alimentari mescolate con sabbia e carbone” (17), mentre
approfondisce l’esperienza sui monotipi iniziata sotto l’impulso di Simondo che
lo condurrà fra il 1956 ed il 1958 - con un essenziale slittamento dalla
spersonalizzazione del segno e dalla sequenzialità consentite da questa tecnica verso l’inflazione banalizzante
dell’immagine - all’invenzione della “pittura industriale” (18). In conclusione al “laboratorio-movimento” di Jorn
si sovrappongono, senza coincidere del tutto, il “laboratorio antipedagogico
(19)di Simondo ed il “laboratorio alchemico-industriale” di Gallizio. (A coté
si potrebbe parlare di un “labyratoire”, laboratorio-labirinto,
attivato da Constant, ma la sua sede effettiva fu altrove. O di un “laboratorio musical-ambientale” che
Walter Olmo non ebbe però modo di portare avanti abbastanza a lungo). Lungo la prima direttrice si dispongono, in
sequenza, la pubblicazione di Eristica
ed il Congresso di Alba; lungo la seconda, conclusa la traiettoria del M.I.B.I.
e la breve partecipazione all’I.S., si articolerà l’esperienza simondiana del
C.I.R.A. (20). La démarche quantitativa e macchinistica di
Gallizio verrà a manifestarsi appieno a ridosso del gradiente situazionista per
trascorrere poi alle affabulazioni fantageometriche de La storia di Ipotenusa (1961) ed alle pitture occultate sotto
gl’involucri di plastica dei Neri (1963-64). Nella primavera del 1956, mentre stanno per
realizzarsi, con l’uscita di Eristica e l’organizzazione del Congresso di
Alba, due eventi cruciali della vicenda del Bauhaus immaginista, il rapporto
fra quest’ultimo e l’Internationale Lettriste viene ad assumere forma
ufficiale. Il raccordo fra i due movimenti, propiziato da una segnalazione di
Baj a Jorn (21), si realizza sulla base della critica all’architettura
funzionalista, espressa in svariati interventi su Potlach (22) , il bollettino del gruppo (inizialmente
costituito da Serge Berna, Jean-Louis
Brau, Guy-Ernest Debord e Gil J. Wolman) distaccatosi nel 1952 dal Lettrismo di
Isidore Isou (23) . Ad attirare l’attenzione di Jorn sono, appunto,
gli scritti di argomento architettonico
(fra cui Construction de taudis, apparso
sul numero 2, e Les gratte-ciel par la racine, pubblicato invece sul numero 5,
entrambi rivolti contro Le Corbusier, accusato di costruire abitazioni-scatola
e di volere, con la creazione di giganteschi isolati, sopprimere la strada) e -
più ancora - il testo con cui si inaugura il numero 6, Le bruit et la fureur, in
cui ravvisa “le programme litteraire qui correspond exactement à notre programme picturale”.
Benché non ne colga appieno la peculiare multiformità,
l’attribuzione - da parte di Jorn - della ricerca dei lettristi dissidenti
all’ambito letterario non è priva di ragioni di ordine genealogico (i richiami
alla ricerca rimbaldiana “des secrets pour
changer la vie”, l’enfasi surréalisante sulle passioni, lo stesso avvio del bouleversement lettrista
come introduction à une poèsie nouvelle (24)). Ma ad assumere un rilievo determinante è lo sfasamento che questa
diversa origine comporta. Anche quando,
a partire dagli anni della militanza situazionista, azzarderà dei riusciti compromessi con le peintures modifiées (25)
e con i collages realizzati con manifesti lacerati (26), Jorn rimarrà sostanzialmente
un pittore (o, per attenerci alla sua definizione, uno che “faceva” il
pittore), e, specie nel suo ultimo periodo, uno scultore. Così anche Simondo, nonostante taluni
affondi comportamentistici e concettuali condotti nell’ambito del
C.I.R.A.. Constant ritornerà alla
pittura dopo gli anni della progettazione utopica di New Babylon. Gallizio,
paradossalmente, maturerà la sua autentica vocazione pittorica attraverso e
dopo l’esperienza negatrice del situazionismo.
Il gruppo debordiano si muove invece, sin dall’origine, in un’altra
ottica, ove la rottura con la tradizione si registra non come sostituzione
stilistica ma come azzeramento (entro certi limiti (27)) di una
modalità espressiva, cui segue l’invenzione di nuove tecniche adeguate alla
contemporaneità. Pur mantenendo una produzione “metagrafica” i membri
dell’I.L., si dedicano a pratiche (a comportamenti), come la dérive
(28), che si rapportano direttamente
all’ambiente urbano e non necessitano di alcuna formazione specifica (superando
quindi radicalmente la problematica della pedagogia artistica) o si collocano
trasversalmente rispetto alle varie discipline, come il détournement (29), per
il quale Debord e Wolman propongono applicazioni alla letteratura, al cinema,
all’architettura ed alla vita quotidiana. Il collegamento con il Bauhaus
immaginista - che Wolman, nell’intervento al Congresso di Alba, attesta essersi
compiuto nel maggio 1956 (30) - avviene dunque su basi non omogenee,
entrambe attraversate da una crisi latente. Anche i lettristi sembrano infatti
vivere una fase di stallo. Diversamente dagli artisti sperimentali, il cui
limite, se così si può dire, è rappresentato dalla configurazione tradizionale
dell’opera (31), la linea debordiana si scontra con la difficoltà a
concretizzare il proprio programma: a realizzare, quanto meno esemplarmente, l’urbanisme unitaire; a costruire sistematicamente situazioni
capaci di attingere “une qualité passionnelle superieure” o addirittura di
produrre “des sentiments inexistants auparavant” (32) . La vena malinconica che attraversa Mémoires
(1958) (33) , il capolavoro debordiano “entièrement composé
d’eléments préfabriqués”, cui Jorn fornisce strutture portanti fatte di macchie
e di striature colorate, sembra consegnare al ricordo le avventure incomplete
vissute “en enfants perdus” (34),
dichiarando insieme la volontà “d’etre
les premiers à entrer vivant dans la vie nouvelle” (35). Eristica esce nel luglio del 1956. Nel gioco delle parti
Gallizio figura come editore, Elena Verrone come direttore responsabile,
Simondo come redattore capo, Jorn come segretario generale (36). Il titolo è proposto da Simondo, con
riferimento all’arte retorica dei Sofisti. Ne dà ragione in un editoriale,
qualificandola come “arte dell’ipotetico per eccellenza, l’arte dell’ipotesi di
lavoro a tutti i costi, quanto di meglio il mercato metodologico possa mai
offrire”. Il programma della rivista, sempre a detta di
Simondo, “è in realtà una Kunstheorie opportunamente ristretta all’ambito delle
arti figurative: ‘pittura, scultura, architettura’”. Durante la gestazione Baj,
privatim, aveva manifestato a Jorn il
proprio disaccordo: perché, quando le riviste seriose assumono titoli
accattivanti come Les Temps
Modernes, Aut-aut, scegliere una denominazione peregrina
“che al gran pubblico ricorderà l’Enigmistica ed al pubblico ultraselettivo
parrà misteriosofico?” (37) I contenuti recano tutti un’impronta jorniana,
nella linea dell’opposizione al funzionalismo. Apre il fascicolo Forma
e struttura (seguito ideale di Immagine
e forma) nella traduzione di Elena Verrone. Si tratta di una lunga disamina
degli scritti dell’architetto Henry van de Velde, capofila dell’Art Nouveau,
primo fondatore del vecchio Bauhaus, cui si rimprovera d’aver cercato rifugio
“nel razionalismo sotto lo stendardo del Funzionalismo”. “I razionalisti -
scrive Jorn - cercano SIMMETRIA
ASSOLUTA TRA FORMA - STRUTTURA E FUNZIONE - MENTRE L’EVOLUZIONE SI COMPIE
PRECISAMENTE ATTRAVERSO UNA DISSIMMETRIA CRESCENTE FRA QUESTI TRE ELEMENTI”. Segue
Per una teoria generale delle arti
figurative, di Simondo, indagine sui modi d’uso del termine “struttura”, in
cui si respinge il modo prescrittivo
riferito al costume estetico critico come “invalido per ... attività
eminentemente produttive” e si privilegia il modo strumentale, riferito al
costume metodologico, “che permette di definire la DIREZIONE E LO SCOPO di una
operazione e nello stesso tempo di controllare le fasi successive di produzione
sino all’evento finale, l’opera compiuta”.
Completa il trittico Funzioni
architettoniche di destinazioni democratiche di Elena Verrone, critica puntuale seppure incompleta (la
prosecuzione avrebbe dovuto venire pubblicata sul numero successivo della
rivista, che non uscì mai) del discorso pronunciato da Walter Gropius per
l’inaugurazione della Hochschule fur Gestaltung di Ulm. Preceduto dall’importante adesione di Constant al
Bauhaus immaginista - oltre che, come s’è visto, dalla istituzione di rapporti
paritetici con i Lettristi - il
Primo Congresso Mondiale degli Artisti Liberi, tenuto ad Alba dal 2 all’8
settembre 1956 (38) si colloca anch’esso nella prospettiva jorniana,
in cui arte libera e attività industriale, pur situate ai poli opposti, possono dar luogo, come recita il
programma, ad “una nuova unità”. Di fatto questa
conciliazione trova spazio nell’intervento di Constant, secondo cui “la science
technique, dans la meme période d’aprés-guerre, s’est developpée d’une telle
façon que les methodes de construction n’opposent pratiquement aucun obstacle à
la réalisation de formes trés libres, dans une conception inédite de l’espace”(
39). Sottsass, dal canto suo, propone “che
l’architettura sia colore e che la struttura della casa sia una struttura
cromatica e non colorata” con “le aperture, cioè i filtri, gli schermi della
luce ... organizzati in modo particolare tenendo conto della luce diretta,
delle diffusioni, dei riflessi” (40).
Wolman - delegato dell’Internationale lettriste - propone, estendendo il
tema all’ambiente metropolitano, l’urbanisme unitaire come “synthèse entre
l’art et la technique”, “synthèse visant à la construction intégrale de
l’environnement, d’une style de vie” (41), contesto e pretesto di
giochi eccitanti. Singolarmente è proprio Jorn a segnare il passo,
tornando - come si è visto - una volta di più sul tema del Bauhaus e dando
sfogo ad una certa delusione nel riconoscere che il movimento non ha superato
lo stadio dell’avanguardia, la cui etichetta, dice, gli è parsa sempre
sospetta. Dopo qualche mese, al termine
di quella che a posteriori fu
definita come la “conferenza unificatrice” di Cosio d’Arroscia, la leadership
del movimento sarebbe passata in altre mani. Intanto altre storie si sarebbero mosse attorno al
laboratorio. La mostra dell’Unione Culturale di Torino (dicembre 1956), con la
parola d’ordine “MANIFESTATE A FAVORE DELL’URBANESIMO UNITARIO” (42).
Le maquettes di Constant per l’accampamento degli zingari (43) . Polemiche: l’attacco ai responsabili della
Triennale di Milano, rei di non aver concesso al M.I.B.I. lo spazio per la
costruzione d’un padiglione sperimentale nell’ambito dell’XI edizione della
rassegna. Le dimissioni di Sottsass (44). L’”affaire de Bruxelles” che vede
contrapposti da un lato Debord, dall’altro Jorn e Ralph Rumney (45).
Le note di Walter Olmo Per un concetto di
sperimentazione musicale, che forniranno il pretesto per l’esclusione degli
“italo-sperimentali” (Olmo, Simondo, Verrone) nel gennaio 1958 (46). La difficile gestazione delle monografie di Gallizio e di Simondo
(quest’ultima non realizzata) da parte di Debord (47). Contrasti a proposito di un nuovo “Incontro
d’Albisola” (48). Poi, con
l’avvento dell’I.S., inizia un’altra vicenda. Il laboratorio perde la sua
problematica identità, che si muta (troppo presto) in leggenda. Resta, parafrasando un’asettica espressione
di Debord (49), “il passaggio
di alcune persone (e di alcune idee) attraverso un’unità di tempo piuttosto
breve”. Note: 1) Il testo della lettera è pubblicato in Baj-Jorn.
Lettres
1953-1961, Musée d’Art
Moderne Saint-Etienne 1989, pagg. 145-146.
La fondazione
del “premier laboratoire d’experiences imaginistes du mouvement internationale
pour un Bauhaus imaginiste” ad opera di Asger Jorn, Pinot Gallizio e Piero
Simondo risale al 29 settembre 1955. Jorn scrive quindi a Baj a cose fatte, nonostante la stretta
collaborazione avviata con il movimento nucleare sin dal suo arrivo in Italia,
avvenuto nel marzo dell’anno precedente
(v. in proposito oltre all’epistolario citato, Enrico Baj, Automitobiografia, Rizzoli, Milano 1983, pagg. 161- 177; Sergio
Dangelo, Fiorire in Eden, nel
catalogo della mostra Jorn e
Albisola, a cura di Franco Tiglio,
Albisola Marina, marzo-aprile 1989, pagg. 54-58). Nella carta intestata del
Laboratorio comunque Enrico Baj figura tra i fondatori, insieme a Jorn e
Simondo. A Gallizio risulta attribuita la Direzione tecnica, mentre la
Direzione edile è affidata all’architetto Ettore Sottsass Jr. 2) L’incontro era stato propiziato da un gruppo di
artisti albisolesi (Antonio Siri, Leandro Sciutto, Luigi Caldanzano) che,
venuti ad Alba per una mostra di ceramiche organizzata per loro da Piero
Simondo in occasione della Fiera del Tartufo del 1954, avevano riscontrato
talune analogie fra i lavori di Simondo e Gallizio e quelli di Jorn. Si
realizza nell’estate del 1955, quando gli artisti albisolesi contraccambiano
invitando Gallizio e Simondo ad esporre
nella cittadina ligure, presso la Trattoria “Da Lalla”, i loro quadri fatti con
la pece. Confronta, in proposito, Intervista a Piergiorgio Gallizio, in Ocra, numero speciale dedicato a Dotremont,
Jorn, Gallizio, a cura di Sandro Ricaldone e Linda Malerba, Genova, ottobre
1986; Pinot Gallizio: una vita “industriale”, da una conversazione fra Martina Corgnati e Giorgio Gallizio,
nel catalogo della mostra Pinot Gallizio
nell’Europa dei dissimmetrici, a cura di Francesco Poli con la
collaborazione di Martina Corgnati, Promotrice di Belle Arti, Torino, dicembre 1992 - gennaio 1993, Mazzotta
ed., Milano 1992, pag. 109; Piero
Simondo. Intervista sulla pittura, a cura di Sandro Ricaldone, nel catalogo della mostra Piero Simondo. Opere 1956-1990, Balestrini
Centro Cultura - Arte Contemporanea, Albisola Marina, maggio-giugno 1993. La vicenda è diversamente
ricostruita, in termini narrativi e senza riferimenti temporali precisi, da
Maurizio Corgnati ne Il Congresso, uno dei testi de L’uomo d’Alba, pubblicati
nella monografia Pinot Gallizio. La Gibigianna. L’uomo d’Alba, Edizioni d’Arte Fratelli Pozzo, Torino 1960. Al racconto di
Corgnati sostanzialmente si rifanno Luciano e Margherita Gallo Pecca nel
capitolo dedicato a Il Movimento
Internazionale per una Bauhaus Immaginista e l’Internazionale
Situazionista de L’avventura artistica di Albisola 1920 /
1990, Editrice Liguria, Savona
1993, pagg. 195-206, corredato da una interessante documentazione fotografica. 3) Jorn risiedeva con la famiglia
nello Chalet “Perce-Neige” di Villars Chésières, nel cantone di Vaud, per un
periodo di convalescenza (cfr. Troels Andersen, Een biografie (A biography), nel catalogo della mostra Asger Jorn 1914-1973, Stedelijk Museum, Amsterdam, ottobre -
novembre 1994, pag. 39). Da notare che
il nome dell’”organizzazione internazionale di ricerca nei campi della fantasia
e delle immagini” creata da Jorn in opposizione alla Hochschule fur Gestaltung di Max Bill, come si evince dalle lettere indirizzate a Baj nel
dicembre 1953, era stato originariamente “Bauhaus imaginaire” anziché “Bauhaus imaginiste” (v. Baj-Jorn. Lettres 1953-1961, cit.,
pagg.40-43). L’esistenza del movimento rimane però
sulla carta (la corrispondenza tra Baj e Jorn registra contatti oltre che con i
Nucleari, con Renè Renne e Claude Serbanne a Marsiglia e Nizza e con Pierre
Alechinsky a Bruxelles) sino all’arrivo di Jorn in Italia ed all’organizzazione
della prima esperienza del M.I.B.I., l’Incontro
internazionale della ceramica, nell’estate
1954 ad Albisola. 4) Debord condivide infatti con Jorn
l’idea della necessità della teoria. In una lettera inedita inviata a Piero
Simondo il 23 febbraio 1957 scrive infatti, ricalcando l’esemplificazione
sartriana della serialità inerte: “mais une action commune sans théorie, c’est
par exemple l’usage du ‘metro’”. D’altronde la critica che Debord rivolge agli
artisti di Cobra nel Rapport sur la
construction de situations (1957) è
fondata proprio sulla mancanza di rigore ideologico e, soprattutto, “sur
l’absence d’une théorie d’ensemble des conditions et des perspectives de leur
experience”. 5) Le citazioni sono tratte dalla
lettera ad Enrico Baj già citata (v. nota 1). 6) L’intervento ripreso in: Piero
Simondo, Cosa fu il Laboratorio
sperimentale di Alba, a cura
dell’Ufficio Ricerche e Documentazione sull’Immaginario, Opuscola n. 6,
Libreria Sileno Editrice, Genova 1986.
La frase citata si trova a pag. 6. 7) Il discorso di Jorn è riportato
nell’appendice documentaria del fondamentale volume di Mirella Bandini, L’estetico, il politico, Officina edizioni, Roma 1987, pagg.
262-264. Alla cura della Bandini si deve anche la prima organica esposizione
dedicata a Pinot Gallizio nel contesto del Laboratorio Sperimentale di Alba,
allestita alla Civica Galleria d‘Arte Moderna di Torino fra il maggio ed il
luglio 1974. 8) L’adozione del termine si deve
essenzialmente a Piero Simondo, come lo stesso convincentemente testimonia
nella prefazione a questo catalogo. 9) Si pensi alle argomentazioni
tratte da Michel Tapié, con riferimento all’Art
autre, dalla teoria degli insiemi;
ai richiami di Georges Mathieu a Stéphane Lupasco (cui anche Jorn si riferirà,
per via di alcune analogie fra la riflessione dell’epistemologo francese sul
principio di contraddizione e la sua “trioletica”) nonché ai teorici della
Gestalt in Analogie de la Non-figuration (1949-51). Lo stesso Max Bill, l’avversario
di Jorn nella polemica sul funzionalismo, nello scritto del 1949 Die mathematische Denkweise in der Kunst
unserer Zeit (Il pensiero matematico
nell’arte del nostro tempo) rapporta l’arte concreta ad un paradigma
scientifico. 10) Piero Simondo, Cosa fu il Laboratorio sperimentale di
Alba, citato, pag. 10. 11) Asger
Jorn, Naturens orden. De divisione naturae.
Silkeborginterpretation contra Kobenhavnerinterpretation, Arhus, Skandinavisk Institut
fur Sammelignende Vandalisme, 1962. Si veda in proposito lo studio di Graham
Birtwistle Op zoek naar structuur in Asger Jorn’s theoretisch werk (Looking for
Structure in Asger Jorn’s Theory), nel
catalogo della mostra Asger Jorn
1914-1973, citato, pagg. 107-108. L’interesse di Jorn per la teoria della complementarità di
Bohr è d’altronde costante (come documenta, ad esempio, la citazione in Contre le fonctionnalisme, 1954-57). 12) Vedi il catalogo della mostra Piero
Simondo. Topologie anni 60, a cura
di Sandro Ricaldone, Galleria Leonardi - V-idea, Genova, gennaio-febbraio 1994.
13) Cobra si definiva infatti Internationale des artistes experimentaux. Al riguardo si rammenta che la prima messa a
punto teorica, operata da Dotremont nell’editoriale Le coup du faux dilemme
apparso sulla rivista Le
Surréalisme Révolutionnaire (uscita
in numero unico nel marzo 1948), richiama espressamente la sperimentazione
scientifica: “Un simple coup d’oeil sur les derniers progrès de la science et
de la technique suffit du reste pour situer l’esprit expérimental hors d’une
sorte de catégorie primitive purement
historique, sans recurrence”. Tuttavia, nell’olandese De experimentele
Groep (che confluirà in Cobra) prevale un’idea di sperimentazione
come totale libertà (nel manifesto pubblicato sul n. 1 di Reflex (1948) Constant
scriveva: “L’epoca problematica dell’arte moderna sta per finire e sarà seguita
da un periodo di sperimentazione. E’ dall’esperienza acquisita in questo stato
di libertà totale che si ricaveranno le leggi cui la nuova creatività dovrà
sottomettersi”). Su questa formulazione generica del concetto di
sperimentazione (che Jorn in Immagine e
forma mostra di condividere) si
appunterà la critica di Debord nel già citato Rapport sur la construction de situations, dove annota: “La seule
démarche expérimentale valable se fonde sur la critique exacte des conditions
existantes et leur dépassement deliberé. Il faut signifier une fois
pour toutes que l’on ne saurait appeler création ce qui n’est qu’expression
personelle dans le cadre de moyens créés par d’autres. La création n’est pas
l’arragement des objects et des formes, c’est l’invention de nouvelles lois sur
cette arrangement”. 14) Asger Jorn, Immagine e forma, Epi, Milano
1954. E’ da notare che nella traduzione
di Sergio Dangelo, presumibilmente per meglio raccordare il testo, il termine expérimentation che figura nel testo francese ripreso in Pour
la forme (1958), viene reso con il più tenue esperienza. 15) Così afferma nell’intervista a cura di Cesare Viel, pubblicata in Ocra,
numero speciale dedicato a Piero Simondo, Genova, ottobre 1992, pag. 5. 16) Ibidem, pag. 20. 17) M. Bandini, L’estetico,
il politico, citato, pag. 83. 18) Il
tema della devalorizzazione attraverso l’inflazione è precisato a Michèle
Bernstein nell’introduzione alla mostra personale di Gallizio tenuta nel
maggio-giugno 1958: “Au stade ou nous parvenons maintenant, qui est celui de
l’expérimentation de nouvelles constructions collectives, de nouvelles sinthèses,
il n’est plus temps de combattre les valeurs du vieux monde par un refus
néodadaiste. Il convient - que ces valeurs soient idéologiques, plastiques ou
memes financières - de dèchainer partout l’inflation. Gallizio est au premier
rang.”. Lo scritto
della Bernstein è ripreso nella monografia edita dall’Internationale
Situationniste nel luglio del 1960 in occasione dell’esclusione di P.G., nella
quale compare anche un testo di Asger Jorn: L’état
des passions au milieu du XXe siècle et Gallizio-le-tatoué. 19) Il volantino di presentazione del
Bauhaus immaginista, già citato, contiene un’espressa presa di posizione
antipedagogica. “I Direttori dell’antica Bauhaus erano grandi maestri, di
capacità eccezionali, ma pessimi pedagoghi. Le opere degli allievi non erano se
non scimmiottature pietose sui modelli dei loro maestri. (...) Il trasferimento diretto dei doni artistici
è impossibile. L’adattamento artistico si opera attraverso una serie di fasi
contraddittorie: SBALORDIMENTO - MERAVIGLIA - IMITAZIONE - PROTESTA - TENTATIVO
- ADEGUAZIONE. Nessuna di tali fasi può essere evitata benchè non sia
necessario che esse siano tutte attraversate da un individuo solo. La nostra conclusione interessata è questa:
noi abbandoniamo ogni tentativo di azione pedagogica per orientarci
sull’attività sperimentale”. 20) Il Centro Cooperativo per un
Istituto di Ricerche Artistiche fondato da Simondo a Torino nel 1962. Il volantino di presentazione sottoscritto
da Piero Simondo, Arnaldo Cagliero, Mario Cerchio, Franco Bogge, Silvio Granello,
Carlo Robotti, recita: “Si è costituito in Torino un centro di cooperazione che
si riallaccia, nelle sue linee programmatiche, ad esigenze avanzate
particolarmente durante il Congresso degli artisti liberi, tenutosi ad Alba nel
1956 a cura del Movimento internazionale per un Bauhaus immaginista. Le
indicazioni di quel Congresso hanno avuto echi deboli e comunque inadeguati
all’importanza dei problemi trattati e delle soluzioni prospettate, anche se
alcune linee furono sviluppate negli anni successivi con l’Internazionale
Situazionista. Oggi noi ci proponiamo di riprendere una serie di attività
destinate a portare avanti le premesse di quel Movimento e nello stesso tempo
avanzare problemi e prospettare esigenze attuali, proiettandoci verso il
futuro. A questo scopo avanziamo e proponiamo la necessità del lavoro
cooperativo, nel senso della cooperativa con proprietà collettiva dei mezzi di
produzione oltre che dei prodotti, sia per attuare in senso nuovo e concreto il
lavoro di gruppo indispensabile in una ricerca artistica veramente
sperimentale, sia per realizzare l’autosostentamento economico del gruppo,
unica garanzia perché il lavoro possa mantenersi libero ed acquistare efficacia
operativa anche in senso sociale.
(...) I rapporti arte scienza,
arte industria, arte politica, arte società sono al centro di questa
problematica, e per noi, soltanto se sono considerati dal punto di vista
particolare delle attività artistiche nelle loro strutture metodiche e
metodologiche, nella loro effettiva capacità di rinnovarsi ed operare reali
trasformazioni radicali all’interno e all’esterno”. Di particolare
interesse fra le attività seguite, oltre ad un progetto in tema di
comunicazione articolato su una forma-labirinto, la sperimentazione del gruppo
(di artisti) come opera, fondato sulla teoria dei giochi e documentato nei bollettini
(Cira n. 1, n. 2, n. 3) usciti nel 1966. 21) V. lettera a Baj del’ottobre 1954, in Baj-Jorn. Lettres
1953-1961, cit., pagg. 104-105. 22) Potlach
è uscito in ventinove numeri (di cui uno triplo) fra il 22 giugno 1954
ed il 5 novembre 1957. Nel
1985 le Editions Gerard Lebovici ne hanno pubblicato il reprint, con prefazione
di Debord nella quale si afferma, forse con qualche forzatura per quel che
riguarda la fase iniziale, che “l’intention strategique de Potlach était de créer
certaines liaisons pour constituer un mouvement nouveau, qui devrait etre
d’emblée une réunification de la création culturelle d’avant-garde et de la
critique revolutionnaire de la société”. 23) V. Greil Marcus, Tracce
di rossetto. Percorsi segreti nella cultura del Novecento dal dada ai Sex
Pistols, Leonardo editore, Milano
1991, pag. 354-357 che ricostruisce i termini della scissione, seguita
all’attacco a Chaplin del 29 ottobre 1952, sconfessato da Isou. 24) La prima teorizzazione di Isidore
Isou è contenuta infati nel volume Introduction
à une nouvelle poèsie et à une nouvelle musique pubblicato da Gallimard nel 1947. L’influsso di Isou su Debord e l’I.L. appare per molti versi
determinante sia per quanto concerne l’applicazione del dètournement sia in ambito letterario e grafico (con
l’invenzione della metagraphie e
quindi della hypergraphie) sia in
campo cinematografico (con interventi aggressivi sulla pellicola ed il
montaggio discrepante, in cui la colonna sonora è dissociata dall’immagine).
L’altro fondamentale influsso isouiano è rappresentato dalla
teoria socio-politica del Soulévement de
la Jeunesse, che identifica nelle
masse giovanili, esterne al mondo della produzione, l’autentico soggetto
rivoluzionario del nostro tempo. 25) Esposte a Parigi alla Galerie Rive
Gauche di R.A. Augustinci, in Rue de Fleurus dal 6 al 28 maggio 1959. Il
catalogo contiene un testo di Jorn intitolato Destiné aux connoisseurs. 26) Esposti presso la Galerie Jeanne Bucher di Parigi nel
marzo 1969 nella mostra intitolata Au
pied du mur. In catalogo un
“trilogo” fra Noel Arnaud, François Dufrene e Jorn. L’ affichisme, décollage
di manifesti, divulgato negli anni 60
attraverso il Nouveau Réalisme, nasce in realtà nel decennio precedente
all’interno del gruppo ultra-lettrista che si esprime attraverso la rivista Grammes e di cui facevano parte, con
Robert Estivals, Dufrene e Jacques Villeglé (che a sua volta collaborava
strettamente con Raymond Hains). Dice, a proposito dell’ affichisme, Dufrene nel catalogo citato: “Il s’agit sans nul doute d’un
détournement. Si je me cantonne dans les dessous d’affiches, c’est trés
précisément pour tourner le dos à cette actualité du message”. Sul fenomeno vedi:
J. Villeglé, Urbi et orbi, Editions
W, Macon 1986 ed il volume collettaneo Murmures des rues, Centre d’histoire de l’art contemporain,
Rennes 1994. 27) Debord, ad esempio, dopo aver
proclamato la morte del cinema in Hurlements
en faveur de Sade (1952) realizzerà
numerosi altri films. 28) V. G.-E. Debord, Théorie de la dérive, in Les levres nues, n. 9, Bruxelles
novembre 1956, pagg. 6-13. 29) V.
G.-E. Debord - G.J. Wolman (che in copertina figurano come Aragon et André
Breton, sotto una mappa della Francia détournée in Algeria), Mode d’emploi du détournement, in Les
levres nues, n. 8, Bruxelles maggio 1956, pagg. 2-9. In aggiunta alla dissimulata
influenza isouiana si citano le esperienze di Duchamp, di Brecht, e -
soprattutto - l’esempio di Lautréamont. 30) V. Gil J. Wolman, Relazione al I Congresso Mondiale degli Artisti
Liberi (trad. it. da Intervention
von Wolman, delegierter der Lettristischen Internationale auf dem Kongress in
Alba, im september 1956, in SPUR,
Spezialnummer uber den Unitaren Urbanismus (n. 5), Monaco 1960) in
M. Bandini, L’estetico, il politico, cit., pag. 267. 31) Al tema della Crisi dell’opera, indagato
soprattutto attraverso la figura di Pinot Gallizio è dedicato l’omonimo studio
di Francesca Alinovi nel volume L’arte in
Italia nel secondo dopoguerra, a
cura di Renato Barilli, Società editrice Il Mulino, Bologna 1979. 32) G.-E.
Debord, Rapport sur la construction des
situations et sur les conditions de l’organisation et de l’action de la
tendance sitationniste internationale, Parigi 1957. Le espressioni citate si trovano rispettivamente a pag. 15 ed a pag.
18. Da rimarcare il fatto che nell’articolo Le Système de Situations, apparso in Grammes n. 4, III trimestre
1959, si preconizza il fallimento sul versante artistico della creazione delle
situazioni: “Mais la création des situations n’est pas seulement politique;
elle est aussi artistique. Là on peut en prévoir le bilan.
L’avenir créatif se trouve ici écartelé entre l’intention et les moyens.
(...) Sur le plan materiel, le seul
important en definitive aux yeux du situationniste, il est plus que probable
que les résultats seront restreints. Sur le plan urbain on peut prévoir l’échec
immédiat des réalisations”. (ivi, pag. 28). 33) G.-E. Debord, Memoires, structures portantes d’Asger Jorn, Internationale
Situationniste, Copenhagen 1959. 34) E’ la battuta conclusiva della
sceneggiatura di Hurlements en faveur de Sade, cit. . 35) La citazione di Marx (tratta da una lettera a Ruge e posta
in epigrafe al volume) recita: “Lassons les morts enterrer les morts, et les
plaindre... Notre sort sera d’etre les premiers à entrer vivant dans
la vie nouvelle”. 36) Nel comitato di redazione figurano
l’Avv. Paride Accetti (collezionista di Jorn), Baj, il Prof. Barberis,
Dotremont, l’architetto P.V. Glob, Walter Korun, direttore della Galeria Taptoe
di Bruxelles, gli architetti Hannoset, Dahlmann Olsen e Sottsass, Tullio
d‘Albisola. 37) Lettera a Jorn del 30 gennaio 1956, in Baj-Jorn. Lettres 1953-1961, cit., pagg. 156-158. 38) Il Congresso si svolge presso il
Municipio di Alba. Tema: “Le arti libere e le attività industriali”.
Intervengono: Pinot Gallizio, Asger Jorn, Piero Simondo, Ettore Sottsass, Gil
J. Wolman, Elena Verrone, Constant, Jacques Calonne. In ritardo, per complicazioni
burocratiche, giungono gli artisti cecoslovacchi Pravoslav Rada e Jan
Kotik. Presenziano, fra gli altri,
Enrico Baj (che abbandona il Congresso il 4 settembre, per dissensi), Klaus Fischer, editore della rivista Kunstwerk,
con la moglie, Agnoldomenico Pica, Franco Garelli, Franco
Assetto. In margine al Congresso furono
organizzate mostre dei lavori del Laboratorio
(opere di Jorn, Gallizio, Simondo, Constant, Rada, Kotik, Wolman (che
realizza le famose scritte “Toutes les toiles sont garanties ‘coton pur’” ecc.), Garelli. 39) Documents
relatifs à la fondation de l’Internationale Situationniste, Editions Allia, Parigi 1985,
pag. 595. 40) Ibidem, pag. 601. 41) Ibidem, pag. 597. 42) Nell’invito alla mostra, svoltasi
dal 10 al 15 dicembre 1956, si accenna - per la prima volta, a quanto risulta -
alla “pittura industriale” di Pinot Gallizio. Per l’occasione fu realizzata una
cartella di grafiche di Jorn, Simondo, Cherchi e Garelli. 43) “Les gitans qui s’arretaient pour
quelque temps dans la petite ville piémontaise d’Alba avaient pris, depuis de
longues anneés, l’habitude de dresser leur campement sous la toiture qui abrite
une fois par semaine, le samedi, le marché à bestiaux. (...) La necessité de nettoyer la place du marché
aprés chaque passage des Zingari avait conduit la municipalité à leur interdire
l’accés. Ils se virent assigner, en compensation, un bout de terrain herbeux
situé sur l’une des rives du Tanaro, petite rivière qui traverse la ville: un
lopin des plus miserables! C’est là que je suis allé les voir, en décembre
1956, en compagnie du peintre Pinot Gallizio, proprietaire de ce terrain
raboteux, bourbeux, desolé qu’il leur avait cedé. De l’espace entre les
quelques roulottes, qu’ils avaient fermé par des planches et des bidons
d’essence, ils avaient fait un enclos, une “ville de gitans”. Ce jour là, je
conçus le plan d’un campement permanent pour les gitans d’Alba et ce projet est
à l’origine de la série de maquettes de New Babylon”. Constant, New
Babylon, traduzione francese
riportata in appendice al volume di Jean-Clarence Lambert, Constant, Editions Cercle
d’Art, Paris 1992, pag. 196. 44) Lettera di Ettore Sottsass agli
amici di Alba del 5 gennaio 1957. 45) Corrispondenza inedita indirizzata
da Guy-Ernest Debord a Piero Simondo fra l’11 febbraio ed il 3 aprile 1957 a
proposito del c.d. “affaire de Bruxelles”, una vicenda attinente all’“etica di
gruppo” relativa ad un viaggio e ad una mostra a Bruxelles, concluso con un
documento ufficiale sottoscritto da Jorn, Debord e Bernstein il 2 aprile 1957. Ralph
Rumney, all’epoca sposato con Pegeen Guggenheim, è uno dei principali esponenti
della ricerca psicogeografica. Presente a Cosio d’Arroscia nel luglio 1957,
partecipa alla votazione che determina il passaggio all’I.S.. Della sua
successiva espulsione dà notizia il n. 1 de l’Internationale Situationniste
nell’articolo (pubblicato a pag. 29)
Venise a vaincu Ralph Rumney. 46) Olmo vi conia la formula della
“musica ambientale”, complemento dell’Urbanisme
unitaire, proponendo fra l’altro “un détournement ... che può suggerire la
costruzione di nuovi apparecchi musicali, fondati non sugli interessi della
produzione e riproduzione in serie e simbolica, ma su un concetto monotipico di
esperienza artistica autentica”; la
sovrapposizione di voci a formare “Blocchi Sonori improvvisi, che potremmo
definire genericamente Violenze sonore ... che si prestano ad una destinazione
specificatamente decorativa di ambienti di vita comune”. 47) Lettera inedita di Debord a
Simondo in data 12 luglio 1957. 48) Ibidem. V. anche la lettera
inedita di Jorn a Simondo spedita il 6 luglio 1957, da cui risulta che
l’iniziativa sarebbe partita da Gallizio. 49) Il riferimento è al titolo del film Sur le passage de quelques personnes à
travers une assez courte unité de temps,
1959. (1997) >>> TORNA ALLA PAGINA
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