HURLEMENTS DISCRETS EN FAVEUR DE L'INI

di Sandro Ricaldone

 

L'avventura dell'avanguardia, per il grado stesso di coinvolgimento che implica, è fra le più rapide a consumarsi. In otto anni, dal 1909 al 1917, si compie la prima parabola del Futurismo (ripetutamente risorto dalle proprie ceneri). Cinque, o poco più, esauriscono nel primo dopoguerra la fiammata dadaista. Nel secondo dopoguerra appena un migliaio di giorni è risultato sufficiente a disperdere l'esperienza di CoBrA, Internazionale degli artisti sperimentali.

Ad oltre un decennio dalla fondazione (avvenuta a Parigi, al Café de Flore, il 3 gennaio 1980, per iniziativa di Gabriele-Aldo Bertozzi, con la partecipazione di Laura Aga Rossi e Jean-Paul Curtay (1), si dovrebbe ritenere che per l'Internazionale Novatrice Infinitesimale sia venuto il momento d'un bilancio, sostanziale seppure - per l'ancor vicina risonanza degli eventi - non definitivo.

Se le cose stanno diversamente, si deve non tanto all'innaturale persistenza d'un fenomeno esplosivo quanto, piuttosto, ad un mutamento - impercettibile benché profondo - di prospettiva.

Il legame dell'Ini con la vicenda delle avanguardie del nostro secolo risulta palese non soltanto dalla denominazione che si data, in cui appaiono riflessi tre aspetti di quell'esperienza (organizzativo il primo, l'internazionalismo, per cui "il movimento non circoscritto ad un paese, ma mira ad un'arte che sia di tutti"; propriamente ideologico il secondo, incentrato su un "rinnovamento in continua attuazione nello spirito del movimento stesso"; programmatico il terzo, che rimanda all'ambito più caratteristico di ricerca, costituito dalla "scissione della parola nei suoi elementi primari" (2) ma dagli stessi manifesti che essa ha prodotto, ove Futurismo e Dadaismo, Surrealismo e Lettrismo sono a più riprese, ed a vario titolo, rammentati.

Non si tratta - bene precisarlo - d'un semplice collegamento ideale, come potrebbe far pensare una delle immagini pi note del gruppo inista, ritratto, in una carte postale significativamente intitolata "Evoluzione dell'avanguardia" (3), sotto le riproduzioni de "Le Coin de Table" di Fantin-Latour (4) (ove compaiono, fra altri, Verlaine e Rimbaud) e della celebre foto dei pittori futuristi ritratti con Marinetti all'epoca della loro prima, contrastata esposizione parigina (5). A giustificare i richiami piuttosto la specificità dei contributi offerti da questi movimenti - e da altri ancora, come la Poesia Sonora e la Poesia Visiva - nel campo della ricerca e della creazione "al di qua o di là della parola" (6) .

Nell'Inismo si riflette, tuttavia - ed è questo probabilmente a consentirgli una traiettoria ed una durata diverse rispetto ai tracciati meteorici di gran parte dei raggruppamenti d'inizio secolo - la consapevolezza dello slittamento di senso verificatosi all'interno dell'idea stessa d'avanguardia, divenuta in certo modo genere artisti (7) con il passaggio da una fase di rottura nei confronti della tradizione ad una più' ampia fase di costruzione del nuovo in cui l'antagonismo verso "l'arte comunemente riconosciuta" (8) s'attenua senza con ciò smarrire le ragioni di una differenza che permane radicale.

Dell'avanguardia - "modo di sentire che si ribella ai modi di sentire" (9) - viene posto in discussione addirittura il nucleo metaforico, che Baudelaire indagava nel "Mon coeur mis nu". "Noi non siamo avanti" - puntualizza Laura Aga Rossi nei prolegomeni al Sekondo kwaderno Ini - "Siamo norma. Gli altri sono retro" (10). Si tratta della medesima posizione che nel primo pronunciamento pubblico del gruppo induce a dichiarare: "Non sono i rivoluzionari che cambiano la società, la società che va verso di loro" (11). Dello stesso atteggiamento che trasforma il "manifesto" da aggressivo strumento di affermazione sulla scena artistica (sovente con risvolti notarili nell'incessante rivendicazione di priorità) in testo problematico aperto, volto a produrre "una concreta presa di coscienza" - e, insieme, un'accelerazione: stato Rimbaud a parlare del poeta come di "un multiplicateur de progrés" (12) - del corso dei tempi.

Ci si pone così nel solco di quella che Apollinaire ha definito come "anti-tradition", tradizione alternativa il cui obiettivo consiste nel varcare le "frontières de l'illimité et de l'avenir" (13), nella liberazione da modelli, convenzioni, pregiudizi: da "tutti quei codici che appesantiscono soltanto, in sede creativa" (14). In una parola, dal poncif.

"Non ci ripeteremo mai", dicono gli inisti in Apollinaria Signa, il loro secondo manifesto (15), marcando in tal modo la distanza che li divide dalle estetiche della citazione e del remake, largamente diffuse negli anni Ottanta, cui il comune riconoscimento della fine dello sperimentalismo ("...e non si parli più di sperimentalismo, lo sperimentalismo chiuso" (16)) parrebbe apparentarli.

Il daimon dell'epoca non si manifesta per loro nella minuziosa scomposizione del procedimento artistico nei suoi elementi primari (parola, lettera o fonema; linea e colore puri; suono come rumore) o nell'assemblaggio casuale d'oggetti e parole alla ricerca di produzioni inedite di senso, bensì - all'opposto - in una sintesi "infinita ed infinitesimale" (17) : nella realizzazione di quel "linguaggio universale" di cui Rimbaud, nella "Lettre du Voyant", preconizzava l'avvento.

Senza assoggettarsi ad una preventiva, rigida delimitazione del proprio ambito di ricerca ("la creazione" - si legge nel primo manifesto - "non sarà mai posta su binari fissi come nel passato"), l'Ini avvia la sua rivoluzione là dove altri l'avevano terminata, assumendo per obiettivo non l'individuazione d'un campo del tutto ignoto, ma un sostanziale ampliamento di prospettiva. A partire dal fonema, dall'onomatopea astratta, gli artisti del movimento si prefiggono di "ritrovare, abolendo davvero i settori operativi, il gesto emozionale, incontaminato, fomite di ogni momento creativo (scritturale-pittorico o visivo, plastico, sonoro ecc.)" (18) concentrando ed esaltando in una pratica sinestesica le potenzialità intrinseche ad ogni forma espressiva.

Quadro da leggere o da gridare, voce scritta, poesia/gesto: gli inisti non sono i soli ad aver intuito queste possibilità, ma hanno il merito di esplorarne, oggi, il senso inedito, valendosi del foglio elettronico (19) con la stessa naturalezza con cui utilizzano il pennino calligrafico; passando senza fratture dalla matita al nastro magnetico, dalla pellicola alla fotocopiatrice.

Nel cammino verso la creazione di un'opera che non conosca "il problema della traduzione sempre discutibile, delle barriere linguistiche, dell'invecchiare del tempo" (20), di fondamentale importanza si è rivelata sul piano operativo l'adozione della fonetica internazionale, il cui impiego costante e sistematico ha consentito di superare un ostacolo - una sorta d'insidioso steccato idiomatico, a lungo rimasto inavvertito (21) - al raggiungimento di una comunicazione senza confini.

L'obiettivo costituito dal linguaggio universale e l'aspirazione a pervenire, "attraverso il multiforme, alla sintesi di tutte le forme" (22) determinano l'insorgere, nella produzione degli inisti, di un doppio movimento ove da un lato si riscontra una tensione verso l'astratto, un processo di delegittimazione o addirittura di ablazione dei contenuti semantiche mentre dall'altro deve registrarsi un recupero di una sfera originaria di significati, al cui riguardo vien fatta aperta menzione del ritrovamento d'un âge d'or, di un "potere magico, evocativo, sacrale".

Discretamente delineata negli "Huit poèmes abstraits" pubblicati in "Qu'est-ce que l'Internationale Novatrice Infinitèsimale" - aperti da due bellissimi componimenti di Primo Conti (23), futurista fiorentino degli anni eroici, autore di testi capitali come "Fanfara del costruttore" e "Imbottigliature" - questa tendenza ("una lettura che si basa sul sentire invece di cercar di spiegare secondo vecchie formule" (24)) venuta sempre più sedimentandosi e rafforzandosi, sino agli esiti attuali, documentati in questa stessa mostra  (25).

Alla diramazione internazionale dell'Ini già s'è fatto cenno: al presente la struttura del movimento contempla raggruppamenti attivi in Argentina, Francia, Italia, Spagna e Stati Uniti (26) oltre a presenze meno articolate in paesi nordeuropei come la Svezia. Ciò comporta - senza inficiare, peraltro, i comuni intenti di fondo - il sussistere di "angolazioni nazionali", legate alle diverse situazioni culturali e, correlativamente, lo spiegarsi di maggiori o minori affinità fra i rispettivi indirizzi di ricerca.

Le analogie che si danno - anche sul piano degli esiti concreti - fra inisti italiani e francesi sono tuttavia intense al punto che la compresenza in rassegna (avallata da un'ormai lunga consuetudine) non sembra richiedere giustificazioni di sorta.

Vediamo così riunite opere di Gabriele-Aldo Bertozzi, talune delle quali ("Palinsesto", che riprende lo schema della pagina d'un codice miniato; "Sonetto astratto", che traspone visivamente quantità metriche e rime) uniscono all'efficacia della realizzazione un palese intento programmatico, mentre altre fondano una costruzione poetica ove il tessuto verbale sostituito dall'associazione di frammenti, di oggetti scelti non in funzione di uno choc da straniamento nè - in un'ottica surréalisante - per le loro valenze feticistico-totemiche ma, ancora una volta, in vista d'un superamento dei confini operativi, alla ricerca di una forma espressiva totale. Di Laura Aga Rossi che saggia a fondo le possibilità di resa chirografica del segno alfabetico fissando, con una dislocazione che rinnega gli schemi lineari in favore di una libera, aperta occupazione del quadro, una sorta d'inedita spazialità del fonema. Di Angelo Merante che struttura sapientemente le sue tavole, sovrapponendo segni riconoscibili a segni d'invenzione, facendo scaturire con addensamenti e rarefazioni di colore profili di lettere nel tracciato di testi, in un ordinato groviglio che restituisce la forza pulsante, originaria della materia sonora che vi è sottesa.

Kiki Franceschi, passata da una pratica del collage in cui "distingueva e riuniva brani di vissuto quotidiano in composizioni nuove, dove gli elementi si rilanciavano l'un l'altro per analogie, rimandi cromatici e capacità evocative" (27) ad un rinnovato impegno pittorico, propone tele ("Waves"; "Le bateau ivre", 1989) in cui l'impianto geometrico attraversato da correnti di rappresentazione allusiva nella cui liquida mobilità affiora cautamente una traccia verbale.

Andrea Chiarantini presenta con "Superimetro" (1989) una ricerca in cui fra le singole componenti formali - segno-rilievo, forma, colore - si stabilisce una relazione ove l'interno equilibrio si traduce in sconfinamento dimensionale ("a distanza dai codici", scriveva nel 1982, "ripercorro le strutture compositive del quadro aprendo i lati del supporto, dilatando così lo spazio").

Giorgio Mattioli graffisce con brutale eleganza nella materia pittorica, rimarchevole per spessore ma attenuata nella tonalità, sequele di lettere in cui la sigla Ini viene reiterata in cadenza ritmica ininterrotta, mostrando come la stessa denominazione del movimento sia stata trasformata in spunto creativo continuamente rinnovato.

Furio De Mattia raccoglie nei suoi dipinti un insieme discontinuo d'iscrizioni, quasi una costallazione di cartoons ancestrali, integrandoli in una pi vasta superficie, anch'essa strutturata - ad un diverso livello - segnicamente, che danno luogo ad un gioco incessante di affondamenti ed emergenze, ad una tesa dialettica fra convenzione ed immaginario linguistico.

Albert Dupont, la cui adesione all'Ini (1986) stata preceduta da un lungo periodo di militanza lettrista, espone un lavoro ove la scrittura si fa, concretamente, cornice, racchiudendo profili schematizzati che fanno risaltare l'evidenza figurativa della comunicazione elementare rispetto alla ripetitività (pur non priva di componenti decorative) dei linguaggi convenzionali.

Françoise Canal, anch'essa di estrazione lettrista, presidente dell'Association Internationale de la Lettre et du Signe (AILS), d nei suoi "Palimpsestes" una trama aleatoria che, ponendo in discussione la stessa parvenza superficiale del quadro, vi installa l'arrischiata contestualità d'un'inquieta stesura cromatica informale da cui traspare, appena avvertibile, l'impressione riscoperta, sospesa in un tracciato gestuale forse non più decifrabile.

Gaetano Marin, nelle sue inie, innesta su un campo visuale scandito geometricamente, strutture in cui la parola risulta scissa, liberata, rendendo praticabili percorsi combinatori e significazionali potenzialmente illimitati ma sempre connessi, e per cos dire impliciti, al termine originario, di cui fornisce perci un'articolazione "infinitesimale ed infinita".

François Proia, infine, muovendosi in un ambito prossimo a quello che gli maggiormente congeniale, la cinematografia, produce un'opera imperniata sull'iterazione sequenziale di un'inquadratura (un ritratto fotografico di Bertozzi) facendo del "poeta moltiplicatore" un soggetto poetico moltiplicato, introducendo con la vivacità e persino l'impertinenza degli interventi, una nota ludica che - sebbene non vi s'abbia, sinora, fatto riferimento - costituisce uno dei tratti vitali dell'Inismo, memore sempre che l'artista rimane il lucido giocoliere (28) descritto da Primo Conti, nei cui occhi di bimbo distratto deve, oggi come ieri, potersi leggere il secolo pittoresco delle avventure.

 

 

 

 

NOTE

 

1)              L'atto di fondazione dell'Ini stato quindi replicato a Roma, per la Centrale Mediterranea, l'11 gennaio 1980, con la partecipazione di Giulio Tamburrini.

2)              Queste definizioni sono riprese dalla premessa di Angela Salamone ad un'intervista con Gabriele-Aldo Bertozzi, apparsa con il titolo "Le nuove avanguardie: Inismo" su Idea, XLV, 1 (gennaio 1989), pag. 27 ss..

3)              La cartolina "INI - Evoluzione dell'Avanguardia" reca la data del 6-10-1985.

4)              Il quadro, dipinto da Fantin-Latour nel gennaio 1872, raffigura un gruppo di poeti e scrittori della cerchia simbolista del quale fanno parte - oltre a Verlaine ed a Rimbaud - Valade, Belmont, Bormier, Aicard, d'Hurvilly, Pelletan.

5)              Fotografia scattata nel 1912, all'epoca della mostra tenuta dai pittori futuristi presso la Galerie Bernheim Jeune di Parigi (5-21 febbraio). Vi compaiono Russolo, Carrà, Marinetti, Boccioni, Severini.

6)              Questo slogan, riportato nel "Primo manifesto Ini" (1980) è divenuto il titolo di un numero monografico (il quarto, del novembre 1981 - marzo 1982) della rivista di studi francesi Bérénice, curato da Jean-Paul Curtay e dedicato alle correnti d'avanguardia.

7)              V. il "Primo manifesto Ini", in "Qu'est-ce que l'Internationale Novatrice Infinitesimale (Cahier 1980)", a cura di Laura Aga Rossi, Cick-Techne, Parigi-Firenze 1981, pagg. 16-18.

8)              Così Bertozzi nell'intervista sull'Inismo apparsa in Idea, cit., pag. 30.

9)              G.-A. Bertozzi, "Saggio sull'avanguardia", Edizioni dell'A- teneo, Roma 1989, pag. 31.

10)          Laura Aga Rossi (a cura di), "Sekondo kwaderno Ini", Nove Editrice, Roma 1984, pag. 5.

11)          V. "Primo manifesto Ini", cit. .

12)          Nella "Lettre du Voyant" a Paul Demeny (15 maggio 1871). L'interesse per la figura di Rimbaud risulta centrale poer molti inisti. G.-A. Bertozzi ha curato "La "Superletteratura e A. Rimbaud", Lucarini ed., Roma 1975 ed autore, fra l'altro, di un "Rimbaud attraverso i movimenti d'avanguardia", ibidem 1976, mentre per Alain Borer - di cui stato recentemente pubblicato in Italia, dall'editore Pironti di Napoli, lo studio sul periodo trascorso da Rimbaud in Abissinia - il tema rimbaldiano è da considerarsi pressoché esclusivo. Giulio Tamburrini, infine, è autore di una scultura dedicata al poeta francese, collocata nel Musée Rimbaud di Charleville.

13)          G. Apollinaire, "La jolie rousse" (in "Calligrammes", 1918). La lezione di Apollinaire viene espressamente richiamata tanto nel primo che nel secondo manifesto Ini l dove si fa riferimento a "L'Esprit Nouveau et les poètes", la celebre conferenza tenuta al Vieux-Colombier il 26 novembre 1917, considerata come l'autentico testamento spirituale del poeta, scomparso l'anno successivo.

14)          V. "Primo manifesto Ini", cit. .

15)          "Apollinaria signa", il cui nome deriva dalla località nella quale stato elaborato ma "anche e non meno - caso oggettivo - da Guillaume Apollinaire", reca la data del 2-5 settembre 1987 ed sottoscritto da G.-A. Bertozzi, L. Aga Rossi, A. Merante, K. Franceschi, A. Chiarantini, G. Mattioli, F. De Mattia, M.P. Iniello. E' stato presentato il 5 settembre 1987 nel corso di una manifestazione Ini tenutasi a Perugia, nella Sala Brugnoli di Palazzo Cesaroni e pubblicato sul n. 21 (novembre 1987) di Bérénice.

16)          V. "primo manifesto Ini", cit. .

17)          Così ancora Bertozzi nell'intervista sull'Inismo apparsa su Idea, cit., pag. 31. Una valida documentazione sonora dell'attività inista offerta da "Inisfera" (1985), L.P. stereo in cui Giorgio Mattioli, curatore ed interprete, ha raccolto i testi dell'omonima pièce rappresentata a Roma l'anno precedente.

18)          Una suggestiva prefigurazione della struttura tecnica di un ipotetico volume elettronico, livre à venir futuribile non più granché futuro, contenuto in "Apollinaria signa", cit. .

19)          V. "Primo manifesto Ini", cit. .

20)          Una delle obiezioni mosse dagli inisti al Lettrismo - che pure hanno largamente contribuito a far conoscere, non soltanto in Italia - consiste appunto nell'impiego di modalità di trascrizione fonetica intellegibili unicamente in area linguistica francese.

21)          V. G.-A. Bertozzi, "Saggio sull'avanguardia", cit., pag. 31.

22)          V. "Primo manifesto Ini", cit. .

23)          Si tratta di "Merlo" e "A Giacomo Leopardi" (entrambe datate 1980), poi incluse nella scelta antologica de "L'incauta vetta" (Novecento-Scheiwiller, Palermo-Milano 1986), curata da Gabriel Cacho-Millet. Quest'ultimo, a sua volta, è stato uno dei più tempestivi divulgatori dell'Ini in ambito internazionale con un articolo pubblicato su "La Prensa" di Buenos Aires il 18 gennaio 1981.

24)          G.-A. Bertozzi, "Rimbaud. (Vita amore e poesia da reinventare", Lucarini ed., Roma 1989, pag. 12.

25)          Il "Primer Manifiesto INI Argentino" firmato da Julio Carreras, Esteban Olocco, Hugo Fiorentino, Daniel Donate, è stato pubblicato a Santiago del Estero il 22 luglio 1986. L'Inismo spagnolo, che si esprime attraverso le riviste Koiné/Taller 3 e Mundo de Papel, ha prodotto il "Manifiesto infinitesimal" (1/1/1987) ed il recente manifesto "El Inismo". Koiné/Taller 3 ha inoltre dedicato al tema "Inismo & Inismi" il n. 12-13 del febbraio-marzo 1989. Il lavoro del gruppo statunitense è analizzato in un ampio studio di Pietro Ferrua, di prossima pubblicazione. A testimoniare l'interesse suscitato dall'attività dell'Ini in Francia è di recente comparso un numero della rivista Lettrisme ad essa specificamente consacrato.

26)          Fra le mostre dedicate all'Ini, o con significative presenze del gruppo, si segnalano: Salon la Lettre et le Signe, Centre d'Art et Dessin, Parigi 1980; Al di qua e al di là della parola, a cura di A. Russo, Galleria-Libreria Guida, Napoli 1981; Poes-Ini International a cura di A.M. Di Lullo, Frosinone 1982; Salon Ecritures, Centre d'Art de la Galerie de Nesles, Parigi 1982; Manifesti poetici Ini, a cura di A. Russo, Frattaminore 1984; Rassegna Ini, a cura dell'Ufficio di Ricerche e Documentazione sull'Immaginario, Galleria-Libreria Sileno, Genova 1985; Signes-Ecritures dans l'art actuel, Grand Palais, Parigi 1985; Déscritures, Galerie J. & J. Donguy, Parigi 1986; Décodages (ècritures et signes dans l'art contemporain), Salle du Vieux-Colombier, Parigi 1987; Salon Comparaisons, Grand-Palais, Parigi 1988; Mostra del libro di poesia (sezione Libroggetto), Palazzo della Provincia, Chieti 1988; Inismo (1980-1990), Il Quadrato di Idea, Roma 1990.

27)          Da un testo di Gianni Pozzi risalente al dicembre 1985.

28)          Nella "Fanfara del costruttore", apparsa nel volume omonimo, edito a Firenze da Vallecchi nel 1919, da cui sono tratte le espressioni in corsivo.

 

 

(1991)

 

 

 

 

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