Gabriele-Aldo Bertozzi IL TRATTO MULTIMEDIALE DELLE AVANGUARDIE E
L'INI di Sandro Ricaldone Poco più di quindici anni fa,
nell'introdurre un dibattito sul tema "La letteratura può superare la
barriera gutemberghiana?", Renato Barilli tra l'altro affermava: "Se
poniamo a confronto il campo delle arti visive con quello della letteratura ci
salta subito all'occhio una notevole disparità di situazioni e di svolgimento.
... Il fatto grosso, macroscopico che ha investito le arti visive è stato,
direi, il superamento della tela dipinta. Mentre sino agli anni '60 fare arti
visive voleva dire soprattutto confezionare una tela, seppure in modi
liberissimi, ... oggi si usano le fotografie, il nastro elettromagnetico, il
corpo, le scritte, tipografiche o no, insomma mille modi alternativi alla
superficie dipinta. ... Ora, per parallelismo, non potrebbe essere che la
stasi, la stagnazione dell'ambito letterario dipenda proprio dal fatto che lì
non si è avuto il coraggio di fare un passo analogo, cioè di superare la
barriera gutemberghiana?" (1). La questione posta da Barilli può esser
compresa se si pone mente al suo itinerario personale che lo ha visto partire
come critico letterario piuttosto tradizionale (per quanto sempre interessato
al superamento di "barriere", come dimostra il titolo d'uno dei suoi
primi volumi: La barriera del naturalismo ) per passare allo sperimentalismo
del Gruppo 63 in cui - osserva Lucio Vetri - si è attuata sì, "una
radicale eversione delle "forme" della "tradizione letteraria"
ma rattenendo tuttavia il rifiuto e l'eversione e l'innovazione pur sempre e
ancora dentro la letteratura medesima: ancora all'interno, insomma, dei suoi
tradizionali confini artistici" (2). Sorprende - nel discorso barilliano -
l'obliterazione delle esperienze delle avanguardie storiche che già incrinavano
l'assioma mallarmeano secondo cui "tutto esiste per approdare al
libro" (3) e, in specie, la svalutazione del lavoro dei gruppi
attivi nel secondo dopoguerra "dove appunto - come si legge in un volumetto
dedicato alla ricerca intraverbale, "Viaggio al termine della parola"
- tutte le pratiche che ci interessano vivacchiano quasi a uno stato di latenza
... . Hanno fieri cultori, ma alquanto emarginati, i quali inoltre per salvarsi
devono vivere in stretta simbiosi con gli operatori visivi, assai più aperti e
magnanimi" (4). In realtà, se vogliamo, questa conclusione
può essere vista come un caso limite di errore prospettico, di deformazione
interpretativa che porta a scambiare la causa con l'effetto. Non è, mi sembra,
un asilo temporaneo che gli esponenti della poesia concreta, sonora o visiva,
che gli adepti di quella che Adriano Spatola chiamava "poesia totale"
(5), chiedono alla generosità di pittori e performers. Il loro
accostamento al circuito espositivo e commerciale delle arti visive sta, se
mai, ad evidenziare una effettiva convergenza fra mezzi d'espressione diversi,
il superamento - appunto - delle limitazioni connesse alla dimensione del
libro. Laura Aga Rossi Non è il caso di ripercorrere le tappe di
questa vicenda che dalle parole in libertà futuriste (6), attraverso
il "poème-object" surrealista (7), il
"tableau-poème" analizzato da Seuphor (8) o le
"peintures-mots" di CoBrA (9), l'ipergrafia lettrista, la
metodologia ideogrammatica dei concretisti brasiliani (10), la
"poesia tecnologica" (11), è giunta a registrare uno
sconfinamento "al di là della parola", in direzione dell'immagine,
mentre, per converso, il rumorismo e l'onomatopea futuristi, la poesia fonetica
dadaista, la declamazione e l'afonismo lettristi, "megapneumies" (12)
e "cri-rythmes" (13), le incisioni dei poeti sonori, hanno
prodotto uno sfondamento sul versante opposto, "al di qua della
parola" (14). La semplice menzione (d'altronde non
esaustiva) di simili indirizzi è sufficiente a dimostrare l'esplosione del
libro: se poi questa avvenga, o meglio sia avvenuta, come sostiene Mario Costa
ne "L'estetica dei media", "per il fatto che ciascuna delle sue
componenti può essere prodotta da un certo numero di tecnologie, ciascuna delle
quali tende a generare forme e modi di significazione differenti da quelli
messi in atto dall'antico medium-libro" (15), vale a dire sotto
la pressione di agenti esterni, o per via endogena, come viceversa la
ricostruzione storica sembrerebbe provare, è problema assai più complesso, che
in questa sede non pare opportuno sviscerare. Ma, in concreto, la ventura del libro -
che oggi tende a riaffacciarsi nella forma composita dell'ipertesto (16)
- si palesa comune a molti dei media tradizionali, coinvolti in processi
d'ibridazione (non a caso durante l'ultimo decennio nel campo delle arti visive
si sono venuti affermando i linguaggi della "pittoscultura" e della
"videoscultura") anche al di fuori degli ambiti di ricerca più
avanzati mentre la dimensione multimediale - originariamente proposta in senso
estensivo, d'applicazione d'un tema o d'un metodo novatore all'insieme delle
discipline artistiche od anche delle pratiche sociopolitiche dal Futurismo (e
ripresa in termini analoghi dal Costruttivismo e dal Surrealismo e, con
ampliamento all'ambito scientifico, dal Lettrismo) - sembra subire un processo
di concentrazione e d'intensificazione ad un tempo. Già i gruppi degli anni '50/'60 - almeno
quelli più direttamente comparabili agli esempi appena citati, vale a dire
l'Internationale Situationniste e Fluxus, pur non privi d'ascendenze (Gino Di
Maggio, ad esempio, ha sostenuto che l'evento fluxiano deve non poco al teatro
sintetico futurista (17)) - mostrano di tendere a realizzazioni
complessive che trascendono gli strumenti e le strategie che vi sono incluse:
la "costruzione di situazioni" (18) per l'I.S. e
l'"evento" (19) per Fluxus. Angelo Merante In questa prospettiva mi sembra si
collochi la rivendicazione della multimedialità dell'Inismo che Gabriele-Aldo
Bertozzi pone, non incidentalmente, nel saggio "Pour Henri Chopin et la
Poèsie Sonore - Inité de l'Avant-garde" (20) e che d'altronde
troviamo già conclamata in "Apollinaria Signa" (settembre 1987), là
dove si afferma che "il laboratorio delle immagini può essere attrezzato
con carrelli da meccanico, tavoli da chimico, monitors e stampanti per
l'informatica" . Sebbene venga mantenuto, nell'INI, un
tratto estensivo (e si afferma, infatti che il poeta pu usare
indifferentemente, come utensili "la penna e il pennello, il computer e il
martello" (21)), la consapevolezza del presente storico, in cui
si assiste, oltre che ad una caduta dell'idea di realtà (22) prodotta
dalla duplicazione elettronica e dalla simulazione virtuale, ad un accelerato
processo di frammentazione della sensorialità (si pensi ad esempio al walkman,
da non intendere, sottovalutandolo, come gadget solipsistico), rende
indispensabile una stimolazione e, quindi, un linguaggio complessi. Da ciò l'assunzione piena e senza riserve
(solo "gli apocalittici temono la macchina") delle nuove tecnologie,
con obiettivi "di analisi e scoperta", "guidati dal sogno
poetico" sulla scia di Charles Cros, che "inventò il fonografo per
metterlo al servizio della poesia" (23). Le conseguenze di un tale atteggiamento
non sono, evidentemente, marginali. Va considerato, in primis, come l'adozione
di strumenti comunicativi più evoluti, e in certo modo sintetici quali il
video, consenta di sormontare l'impasse rilevata da Daniel Charles a proposito
del "gesamtkunstwerk" d'estrazione musicale (24) (ma che, se
si vuole, può considerarsi valido per il linguaggio dell'installazione): ossia
l'indebolimento di ogni singolo medium coinvolto in un'applicazione plurale.
Secondariamente la propensione verso attrezzature le cui potenzialità non
risultano preventivamente determinate (o comunque saggiate a fondo) permette
agli Inisti d'introdursi, per parafrasare il titolo d'un recente numero
monografico di "Art Press", in una condizione "senza
modello" (25) e come tale suscettibile di sbocchi inediti. S'innesta qui il discorso sulla
"videoinipoesia". Un discorso che mi limiterò ad accennare soltanto
perché trattato in altra relazione. Prima di affrontarlo è tuttavia necessario
porre un'ulteriore premessa, dato che l'intenzionalità degli Inisti, come prova
l'omonimo manifesto del settembre 1990, si focalizza sulla dilatazione
percettiva, sull'integrazione di forme, colori e suoni con il movimento. In una sorta di tipologia della poesia
sperimentale stesa da Anna e Martino Oberto, la "poesia cinetica"
viene all'undicesimo posto, dopo la poesia visiva, concreta, aleatoria,
evidente, fonetica, grafica, elementare ecc. (l'elenco prosegue sino alla
ventiseiesima varietà (26). L'interpretazione che Spatola avanza per
ridurre a proporzioni accettabili questa frantumazione consiste nell'osservare
come queste "numerose forme" non siano "altro che le varie facce
di uno stesso problema": "sfuggire ad ogni limitazione" (27)
. Dell'argomento si occupa in termini più
specifici Mike Weaver in un testo apparso su "Les Lettres", la
rivista di Pierre Garnier (28). Vi si traccia una linea che da De
Stijl passerebbe ai concretisti di Noigandres e Gomringer, a Finlay e Garnier.
In particolare Weaver si sofferma sui due ultimi citati, analizzando del primo
l' "Hommage a Malevich" in cui "la modulazione di certe costanti
... produce una forma ambigua analoga alla pittura optical, instaurando,
quindi,una sorta di movimento virtuale"; del secondo, "Grains de
Pollen" , ove si attuerebbe una sorta di movimento paragonabile all'
"effetto Brown", al moto dei corpuscoli in un mezzo fluido. Non sarebbe difficile raccogliere altre
suggestioni: dai "Mots en liberté" marinettiani, in specie nella
famosa "Le soir, couchée dans son lit, Elle relisait la lettre de son artilleur
au front" (1918), dove non solo la pluridirezionalità della lettura ma le
grandi macchie curvilinee introducono un vero e proprio dinamismo, alla
proposta degli aeropoeti di rimorchiare in cielo striscioni lirici od al
progetto degli spazialisti di fare apparire in cielo "con le risorse della
tecnica moderna ... forme artificiali, arcobaleni di meraviglie, scritte
luminose" (29). O ricordare, ancora, gli "eclatements
d'ècritures" realizzati da Jacques Villeglé e Raymond Hains all'inizio
degli anni '50 grazie ai vetri scannellati dell'"ipnagogoscope" (30)
; la parola leggibile per un istante nell'incrociarsi di due raggi laser nel
lavoro di Piero Fogliati esposto alla Biennale di Venezia del 1986 (31)
o, ancora, agli slogan correnti su pannelli di Jenny Holzer (32)
nell'edizione del 1990. Ma si tratta in fondo - eccezion fatta per
gli ultimi esempi nei quali tuttavia il connotato tecnologico appariva
dominante - di succedanei, seppure intriganti, come anche può esser considerata
un'azione del tipo dei "Public Poems" di Alain Arias-Misson (33)
, in cui grandi segni alfabetici venivano portati in giro per la città o la
scrittura topografica di Maurizio Nannucci che, seguendo un percorso
preordinato nel centro di Firenze giungeva a comporre un determinato vocabolo (34)
. Per una singolare coincidenza, come prima
accennavo, oggi questa aspirazione da tempo sollevata dalle avanguardie
poetiche s'incrocia non solo con una strumentazione adeguata ma con una
tendenza generale della "società dell'informazione che - nota René Berger
- si caratterizza precisamente per l'accento che pone, se non sull'instabilità,
almeno sul non stabile, su quel che si muove..." (35). L'innesto
del movimento nell'espressione poetica si attua perciò non secondo le forme
meccaniciste, realistiche a loro modo, che avevano segnato lo scacco del
cinetismo visuale degli anni '60 (36) ma nell'immaterialità
dell'immagine video, lambita - sotto certi aspetti - dalla connotazione
sinestesica delle "cinepoesie" realizzate da Laura Marcucci, Eugenio
Miccini e Lamberto Pignotti nel corso del successivo decennio . Nel momento attuale, la videoarte (nel cui
ambito andranno ricordate le ricerche di Gianni Toti e di Enzo Minarelli) (37)
e - più specificamente - la "videoinipoesia", in connessione con le
possibilità offerte dall'elaborazione grafica computerizzata e la sua
proiezione verso "i mondi virtuali" di cui ci parlerà fra poco
François Proia, rappresenta una sorta di "nuova frontiera" della
creazione poetica: una frontiera dove realmente diviene possibile "vedere
la voce", saggiare in concreto un'esperienza che, a dispetto dei secoli
trascorsi, conserva integre le potenzialità d'attonimento, tra il magico ed il
meraviglioso, da cui è pervaso il racconto rabelaisano delle "parole
gelate" (38), ove - errando alla ricerca della "Diva
Bottiglia" (questa sorta d'incunabolo della poesia visiva) (39) -
al confine del Mar Glaciale Pantagruele si trova a recuperare "a piene
mani... parole di sinopia, parole d'azzurro e di sabbia, parole dorate" in
qualche modo già destinate a sciogliersi nelle "inie" mobili del
"Monologo acceso" (40). Giorgio Mattioli Note 1)
Il dibattito cui si fa riferimento ebbe luogo presso la galleria
La Tartaruga di Roma il 18 aprile 1975. Il testo della relazione citata è successivamente
apparso in: R. BARILLI, "Parlare e scrivere", Pollenza-Macerata, La
Nuovo Foglio Editrice, 1977, p. 91. 2)
L. VETRI, "Letteratura e caos", Milano, Mursia, 1992, p.
211. 3)
S. MALLARME', "Le Livre, instrument
spirituel", ne "La Revue Blanche" (luglio 1895). 4)
R. BARILLI, "Viaggio al termine della parola", Milano,
Feltrinelli, 1981, p. 25. Va notato come Barilli, pur richiamando le ricerche
futuriste, cubofuturiste e joyciane ed includendo nell'antologia annessa opere
di Arrigo Lora Totino e Adriano Spatola, persista nel privilegiare la poetica
dei Novissimi. 5)
A. SPATOLA, "Verso la Poesia Totale", Salerno, Rumma,
1969 (2a ed. accresciuta e aggiornata, Torino, Paravia, 1978), p. 12 ss.. 6)
F.T. MARINETTI, "Les mots en liberté futuristes",
Milano, Edizioni futuriste di Poesia, 1919. 7)
"Le poème-object est une composition qui
tend a combiner les ressources de la poèsie et de la plastique et speculer sur
leur pouvoir d'exaltation reciproque" (A. BRETON, "Le Surréalisme et
la Peinture", Paris, Gallimard, 1965. Ed. it., Firenze, Marchi, 1966, p.
284). In proposito v. anche L. GABELLONE, "L'oggetto surrealista",
Torino, Einaudi, 1977, p. 132 ss. . 8)
M. SEUPHOR, "Histoire sommaire du
tableau-poème", in XXe Siècle, 1952. 9)
J.C. LAMBERT, "COBRA, un art
libre", Paris, Chene/Hachette, 1983, p. 14 ss. Nell'ambito di
COBRA, una fondamentale esperienza di conversione della parola in immagine si
dà nei "logogrammes" di Christian Dotremont per cui v. M. LOREAU,
"Dotremont. Logogrammes", Paris, Georges Fall, 1975. 10) V. "Piano
pilota per la poesia concreta", manifesto sottoscritto da A. DE CAMPOS, D.
PIGNATARI, H. DE CAMPOS, in Les Lettres, 31, 1963 (tr. it. in E. GIANNI',
"Poiesis (ricerca poetica in Italia)", Arezzo, Istituto Statale
d'Arte, p. 107-108. 11) L. PIGNOTTI,
"Istruzioni per l'uso degli ultimi modelli di poesia", Roma, Lerici,
1968, p. 72. 12) A proposito di quest'ambito di ricerca sviluppato nel
1950 da Gil J. Wolman, Maurice Lemaître scriveva in un testo del 1952, rimasto
a lungo inedito ("du lettrisme à la megapneumie", in G.J. WOLMAN,
"Resumé des chapitres precedents", Paris, Spiess, 1981, p. 14)
"la megapneumie ...ne considère que des éléments simples: consonnes
disintegrées et voyelles. la consonne disintegrée est une consonne débarrassée
de la voyelle qui l'accompagne ordinairement dans sa prononciation phonetique.
par example on ecrit phonetiquement k: ka alors que wolman utilise uniquement
le k (a). ce k neutre est ècrit sur une porte verticale dans la première
colonne. en regard, horizontalement, la megapneumie le definit plus precisement
en notant la valeur du souffle qui nourrit l'emission de ce k. de même pour les
voyelles, mises exactement sur le même plan que les consonnes disintegrées. ...
on peut, par ce moyen, noter tous le sons humains de la manière la plus
precise, deniant ainsi toute possibilité d'interpretation (déformation) par
l'executant... ". 13) Circa il
"cri-rythme" forma espressiva "ultralettrista" creata nel
1953 da François Dufrene v. D. SEMIN, "Le palimpseste", in
"François Dufrêne", catalogo della mostra tenuta al Musée de l'Abbaye
Sante-Croix, Les Sables d'Olonne, dal giugno al settembre 1988. 14) V. H. CHOPIN,
"Poèsie sonore internationale", Paris, J.M. Place, 1979, nonchè il n.
9-10 (autunno 1990) de La taverna di Auerbach dedicato alla Nuova Oralità, con
scritti di P. Zumthor, N. Zurbrugg, H. Chopin e, curato da quest'ultimo, il n.
33 (novembre 1991) di Bérénice. 15) M. COSTA,
"L'estetica dei media", Cavallino di Lecce, Capone, 1990, p. 15. 16) A. CALVANI,
"Dal libro stampato al libro multimediale", Firenze, La Nuova Italia,
1990, p. 162 ss. . 17) Cfr. il testo
della relazione tenuta all'incontro di studio "Gli anni '50 e Fluxus"
tenutosi l'11 novembre 1988 presso l'Università degli Studi di Genova (pubblicato
in Ocra/Fluxus, a cura di L. Malerba e S. Ricaldone, dicembre 1989). 18) G.E. DEBORD, "Rapport sur la construction des
situations et sur les conditions de l'organisation et de l'action de la
tendance situationniste internationale", Paris, s. ed., 1957. V. inoltre M.
BANDINI, "L'estetico, il politico", Roma, Officina, 1977, p. 52 ss. . 19) V. I. BLOOMA -
K. FRIEDMAN, "The Fluxus Performance Workbook", Trondheim, El
Djarida, 1990 e S. RICALDONE, "Per complicare l'intreccio", nel
catalogo della mostra "Fluxus o del principio d'indeterminazione",
Genova, Studio Leonardi-Unimedia, 1988. 20) Il saggio è
apparso in Bérénice, XIII, 33 (novembre 1991), p. 187-192. 21) La citazione è
tratta, ancora, dal manifesto "Apollinaria Signa". 22) V. T. MALDONADO,
"Reale e virtuale", Milano, Feltrinelli, 1992 e G. BETTETINI,
"La simulazione visiva", Milano, Bompiani, 1991. 23) Così nel
manifesto "Videoinipoesia" del settembre 1990. 24)
D. CHARLES, "Musique et
synchronicité", in "Vers des environments croisées?" (Actes du
Colloque du XII Festival International de la Video et des Arts electroniques),
Locarno, 6-8 settembre 1991, p. 3. 25)
Art Press, h.s. n. 12, 1991 (spécial
"Nouvelles Technologies. Un art sans modèle?", coordonné par Robert
Hillaire et Michel Jaffrennou). 26) A. SPATOLA, op.
cit., p. 12. 27) Ibid., p. 14. 28) Il testo di
Weaver, pubblicato nel n. 34 de "Les Lettres", è apparso in
traduzione italiana su "Il Marcatré" nn. 23/24/25, (giugno 1966), pp.
171-173. 29) Dal II
manifesto (redatto da Fontana, Dova, Joppolo, Kaisserlian, Milena Milani,
Tullier), pubblicato a Milano il 18 marzo 1948 (in G. GIANI,
"Spazialismo", Milano, Edizioni della Conchiglia, 1956). 30) J. VILLEGLE',
"Urbi et orbi", Paris, Editions W, 1986, p. 194- 195 e P. RESTANY,
"Nuovo Realismo", Milano, Prearo, 1973, p. 31. 31) L'opera di
Fogliati era esposta nelle Corderie dell'Arsenale, nell'ambito della rassegna
Tecnologia e Informatica. Nuovi media dell'arte, a cura di R. Ascott, D.
Foresta, T. Sherman, T. Trini. 32) M. AUPING,
"Jenny Holzer", in catalogo XLIV Biennale di Venezia, 1990, p.
226-229. 33) L. PIGNOTTI,
"La scrittura verbo-visiva", Roma, Editoriale L'Espresso, 1980, p.
216. 34) V. il catalogo
dell'antologica tenuta dall'artista fiorentino a Villa Arson, Nizza, nell'estate
1992. 35) R. BERGER,
"Arti e media sulla via di Abdera?", in catalogo "Artmedia"
(Rassegna internazionale di Estetica del Video e della Comunicazione), Salerno,
1985, p. 20. 36) Una riprova
dell'impasse irrisolta del cinetismo anni '60 si è avuta con le mostre
"L'ultima avanguardia", a cura di L. Vergine, Milano, novembre
1983-febbraio 1984 e, soprattutto, con la recente "L'Art en
Mouvement", allestita da J.L. Prat presso la Fondation Maeght di
Saint-Paul-de-Vence (giugno-ottobre 1992). In particolare colpisce, nella
rassegna francese, al di là dell'intento di ricostruzione storica, l'insistenza
sulle formule della sequenza ottica (alla Agam ed alla Cruz Diez) e sul moto
visuale prodotto da macchine (documentato dal lavoro di Demarco) con esclusione
di ogni opzione alternativa: Hans Haacke con la sua "Linea del Cielo"
di palloncini sul Central Park; Daniel Buren con le sue tele a righe montate,
come vele, su barche in regata; progetti come "Le feu du ciel" di
Fred Forest in cui un fuoco acceso dal sole nel deserto dell'Arizona è portato
- via satellite - a rischiarare la notte di Locarno. 37) Toti è autore
di "Videopoesie/Videopoemetti" (1980); Minarelli di
"Videopoema" (1986), opere in cui vengono utilizzate le nuove
possibilità di cinetizzazione dei segni verbali offerte dalla tecnologia video
e dalla grafica computerizzata. 38) L'episodio è
contenuto nei capitoli LV e LVI del libro quarto di "Gargantua e
Pantagruel". Per una puntuale analisi dello stesso v. T. TORNITORE,
"Scambi di sensi", Torino, Centro Scientifico Torinese, 1988, p.
6-79. 39) L'invocazione
che le rivolge Pantagruel nel capitolo XLIV del libro quinto è infatti
composta, com'è noto, in guisa di bottiglia. 40) Videoinipoesia
di G.A. Bertozzi, presentata nel corso del Convegno. (1992) >>> TORNA ALLA PAGINA
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