PER COMPLICARE L'INTRECCIO di Sandro Ricaldone Perché, se tutto è possibile, ci occupiamo
di storia? Risponderei : per complicare l'intreccio. John Cage "L'essenziale sta nel banale".
Così Hans Blumenberg (1) sintetizza, un po' bruscamente, la posizione
fenomenologica husserliana, convertendo in indicazione di valore l'osservazione
di Hegel secondo cui "il noto in genere, appunto perché noto non è
conosciuto" (2) Ma questa espressione potrebbe figurare a
pieno titolo fra gli slogans di Fluxus - accanto, per esempio, a "Per
l'importanza della non importanza" (3), così come il motto di
Aby Warburg, "Dio è nel particolare" (4) può essere
affiancato al richiamo ai "details de la vie" - giacche' individua
con sufficiente approssimazione la disposizione mentale su cui si fonda il
modus operandi degli artisti del gruppo : "del tutto a-simbolistico,
antiespressionistico, non informale ma libero nella forma", consistente in
"eventi di semplicità estrema, azioni, esercizi zen, pièces tediose
ecc." (5). In questo processo di animazione estetica-
che si configura nel contempo come progetto di espansione delle arti sino ad
una (quasi) completa confusione con i ritmi della quotidianità, condotto, in
consonanza con l'affermazione di René Char spesso citata da Cage, secondo cui
"l'acte est vierge, meme repeté" (6), mediante azioni
semplici, monostrutturali, aperte all'intervento del caso ("pensare,
scrivere, comportarsi, dare istruzioni, fare suoni, fare silenzio, usare la
posta" (7)) - l'esempio di Duchamp conta non solo per i
procedimenti aleatori da questi utilizzati in opere del genere di
"Stoppages-Etalon" (1913/14),definite come "hazard en
conserve", ma per l'elezione dell'oggetto praticata nel ready-made. Rispetto all'impostazione duchampiana,
incentrata su modalità radicalmente arbitrarie di ri-contestualizzazione
dell'oggetto comune nel circuito artistico, Fluxus attua però uno spostamento
significativo, sostituendo ad una intenzionalità "forte" ed ironica,
un atteggiamento fondamentalmente estatico (per quanto si tratti di un'estasi
fredda) ove tornano in primo piano le qualità intrinseche dell'oggetto di cui
l'artista riconosce l'aura. L'aneddoto riferito da Cage in "Come
uno passa, picchia, casca e scappa" (1965) appare indicativo di questa
situazione : "Una sera, quando ancora vivevo nella
Grand Street a Monroe, venne a trovarmi Isamu Noguchi. Nella stanza non c'era
niente 40 (niente mobili, niente quadri). Il pavimento era coperto, da parete a
parete, di stuoie di cocco. Le finestre non avevano tendine ne' altro. Isamu
Noguchi disse: "In questa stanza una scarpa vecchia sembrerebbe
bellissima" (8). La caratterizzazione zen del racconto e,
soprattutto, la applicazione del principio alla sfera immateriale dell'evento
(da "4'33"", la composizione silenziosa per piano e interprete
di Cage (1952) (9) ai "Lamp Events" di George Brecht (1961) (10)
) distanziano marcatamente questa esperienza dalla poetica "merz" di
recupero dell'oggetto elaborata da Schwitters, la cui influenza appare invece
più marcata nella sfera delle ricerche neo-dada degli anni '50/'60. Ad una simile attitudine, che sostituisce
il gioco, la chance-imagery (11) ed una sorta di
"illuminazione" alla tradizionale mitologia della creazione, si
unisce una considerazione dell'arte come spazio non compartimentato in cui le
varie discipline (dalla musica al teatro, dalla pittura alla danza, dal cinema
alla poesia), pur mantenendo caratteri specifici, smarriscono ogni rigidità
categoriale, assumendo una configurazione non-ostruttiva, incline anzi ad una
reciproca interpenetrazione. Non si palesa in ciò un ripresentarsi
della tensione wagneriana verso il Gesamtkunstwerk bensì, piuttosto, un
riflesso consapevole dell'inadeguatezza di uno schema articolato in prevalenza
su fattori tecnici obsoleti e dell'emergere di un approccio globalizzante
incentrato sulla valorizzazione della dimensione comunicativa. "Ciò che intendo suggerire - scrive
Dick Higgins in un testo del 1966 - è che la pratica intermediale si è estesa
attraverso pressoché l'intero ambito delle arti, da quando la continuità ha
preso il posto della categorizzazione come tratto caratterizzante la nostra
mentalità" (12). La stessa struttura organizzativa di
Fluxus - malgrado l'ordinamento in sezioni nazionali prefigurato da Maciunas
nel comitato editoriale della "Fluxus Rewiew" (13) e le
prese di distanza di cui si legge in margine al diagramma delle "expanded
arts" pubblicato in "Film Culture" (14), che
parrebbero rimandare agli schemi classici delle avanguardie storiche - si
impernia sul modello effimero del festival e su una mobilità accentuata al
punto da proporsi come vero e proprio nomadismo planetario (15). Un legame associativo nel quale gli
elementi di rigidità e di apertura si bilanciano; cui fa riscontro una
piattaforma teorica che muovendo dal rigetto fermamente delineato di posizioni
radicate nel sistema artistico (Fluxus, recita un manifesto, "nega la
distinzione fra arte e non-arte, nega l'indispensabilità, l'esclusività,
l'individualità e l'ambizione dell'artista, nega ogni aspirazione di
significato, varietà, ispirazione, perizia tecnica, complessità, profondità,
grandezza, ogni valore istituzionale e di mercato"), attraverso una serie
discontinua di suggestioni - in cui entrano la gag filmica, il vaudeville,
l'industrial design, giochi infantili e indovinelli, l'evento naturale,
l'haiku, l'indeterminismo musicale, mixed media ecc. - disegna
un'identità composita e flessibile. Ed è probabilmente una tale impostazione a
far sì che, nonostante l'incidenza del ruolo organizzativo-promozionale svolto
da Maciunas, definito da Vostell come una sorta di management imprint, Fluxus
pervenga ad atteggiarsi come un raggruppamento che accantona l'esigenza di una
leadership carismatica per dare spazio alla varieta' delle interrelazioni fra i
suoi membri. Se, per quanto concerne il coté
U.S.A. la lezione di Cage (estesa peraltro anche al di qua dell'Atlantico, nel
reseau musicale avanzato) fornisce una base d'interessi comuni, del tutto
diversa si presenta la situazione sul versante europeo, dove la ricerca
artistica aveva seguito - negli anni successivi alla conclusione del secondo
conflitto mondiale - altri percorsi. Senza far conto delle declinazioni della
tematica informale, divergenti da quelle dell'espressionismo astratto
statunitense, erano sorti in Europa negli anni '40/'50, in un ambito di
avanguardia (o, più esattamente, di neo-avanguardia) diversi movimenti - dal
Lettrisme a CoBrA, dall'Internationale Situationniste a Zero, dalla galassia
della poesia visuale al Nouveau Realisme - nel cui ambito erano maturate, su
basi del tutto autonome, le problematiche della ricerca intermediale, del
rapporto arte-vita quotidiana, dell'oggetto, dell' happening, dell'environment,
analoghe - pur se in concreto diversamente risolte - a quelle sviluppate nelle
aree del New Dada e di Fluxus (16). In questa singolarissima situazione di
affinità tematica e di separazione dei contesti formativi consiste il dato che,
al di là delle propensioni personali, rende possibile l'incontro con taluni
artisti europei - da Ben a Spoerri, da Vostell a Beuys - e nel contempo da'
ragione della particolarità delle rispettive posizioni nel contesto del
movimento. Ben, ad esempio, cui peraltro Maciunas ha
riconosciuto il merito di "aver operato secondo modalità similari prima
della formazione del collettivo Fluxus" (17), appare in qualche
modo coinvolto nei procedimenti novorealisti, anche per effetto della
prolungata frequentazione di Arman e di Klein. Ad essi rinvia infatti - nonostante la
critica mossa agli aspetti commerciali del Nouveau Realisme - la logica
dell'"appropriazione" che negli anni '60/'63 diviene la "spina
dorsale" della sua arte, inducendolo ad esperire un tentativo sistematico
di "firmare" tutto quanto già non lo sia stato: "i buchi, le
boîtes-mystères, le pedate, Dio..." (18). Se, per quanto concerne Ben il legame con
l' esprit Fluxus si realizza sul piano del rapporto vita/arte ("Tout est
art", tutto è possibile in arte) (19), la posizione di Spoerri
trova un nesso naturale con Fluxus nella centralità riservata, nel suo lavoro,
al caso, dai tableaux-pièges (20) alla "Topographie anecdotée du
hazard" (21), significativamente pubblicata nella versione
americana di Emmett Williams dalla Something Else Press. E' d'altronde lo stesso Spoerri ad
indicare nelle opposte influenze esercitate su di lui dal lavoro di Tinguely
(movimento) e di Yves Klein (l'immateriale - l'appropriazione del colore) gli
elementi da cui ha tratto origine il tableau-piège (22). Discrepante si presenta la situazione di
Vostell, impegnato - come Ben - nell'attività di Fluxus a vari livelli (fra
l'altro come organizzatore del Festival di Wiesbaden (1962) e come editore
della rivista "De-coll/age" (23)) ma più marcatamente
distaccato, rispetto a Spoerri, per la connotazione della sua ricerca
sull'immagine (décollages ed effaçages) (24) e la variante dell'
happening ch'egli propone, percorsa - secondo Adrian Henri - da "una
tendenza all'uso catartico della violenza come forma di allegoria
politica" (25), assai discosta - quindi - dalla concezione
"para-haiku" che si palesa come la più tipica del Fluxus-event. Attratto dalla comune propensione
interdisciplinare ed all'uso non convenzionale dei significati (26),
Beuys dal canto proprio ha dispiegato nelle performance una cadenza
ritualistica, un senso metaforico dei materiali, simboli ed iconologie
complesse che lo spingono lungo la direttrice di una palingenesi culturale non
precisamente omogenea all'attitudine ludica del nucleo Fluxus originario. Il convergere in Fluxus degli apporti di
questi (come di altri) artisti attesta efficacemente il fascino esercitato
dalla sua ipotesi indefinita, la capacità del collettivo di arricchirsi
attraverso la differenza anziché isolarsi in una poetica, senza comunque
rinunziare ai tratti essenziali della propria multi-identità. Non mancano tuttavia nella componente
europea artisti che si collegano ai paradigmi invalsi sulla sponda americana,
come - ad esempio - Nam June Paik, che, sebbene di provenienza orientale,
completa la sua formazione in Germania, Tomas Schmit e Giuseppe Chiari (27)
. Questi si muove nell'orizzonte di una
"musica senza contrappunto" (28), una musica fatta di
materia e non di forma ove "la materia non è materia ma una folla di
cose", che lo porta - secondo quanto ha scritto del suo "metodo"
Gillo Dorfles - a "scoprire l'intima qualità formale e musicale degli
oggetti, degli strumenti, così da poterli "suonare" sfruttando a
punto tutte le loro peculiarità morfologiche" (29), nella
convinzione che si può suonare solo con la volontà di
suonare non si fanno variazioni con un oggetto ma
si ha solo un contatto che l'arte è facile che l'arte è dire. La questione della "posterità"
di Fluxus, dei suoi intrecci con talune fra le tendenze artistiche emerse negli
anni '60/'70 (Arte Povera, Land Art, Body Art, Arte Concettuale ecc.) è già
stata affrontata e risolta affermativamente (30), per quanto l'idea
vada assunta prescindendo da pretese di esclusività e da logiche
deterministiche. In effetti Fluxus sembra aver agito, in
esemplare rispondenza ad uno dei significati del termine, come
"corrente", attraversando senza esaurirvisi bacini diversi,
intercomunicanti pur se fra loro remoti. Quel che può risultare interessante notare
è che mentre "l'esperienza libertaria" di Fluxus appare
"sopita" pur se, comunque, "non finita" (31), si
affacci l'idea di un "fluxismo" diffuso nel lavoro delle nuove
generazioni artistiche (32). Che, ad esempio, venga in luce nell'opera
di un Peter Nagy un rimando diretto all'utilizzo dell'immagine pubblicitaria
attuato da Fluxus (33); che giovani artisti italiani come Roberto O.
Costantino, Salvatore Falci, Stefano Fontana (34) riprendano la
riflessione sull'aleatorietà; che uno degli esponenti di punta dell'attuale
scena europea, John Armleder (35), indichi in Fluxus il proprio
specifico ambito di formazione, sottolineando il carattere di "pratica
d'oggi" della sua démarche. Note 1. Hans Blumenberg, "Il sorriso della
donna di Tracia", Ed. Il Mulino, Bologna 1988, pag. 170. 2. G.F. Hegel, prefazione a "La
Fenomenologia dello Spirito", tr. it. de La Nuova Italia, Firenze 1960,
pag. 25. 3. V. catalogo mostra "Fluxus
International & Co.", Nizza, luglio-settembre 1979 ove trovasi anche
il successivo richiamo ai "details de la vie". 4. cit. in Carlo Ginzburg, "Da A.
Warburg a E.H. Gombrich. Note su un problema di metodo", in "Studi
Medievali", serie III, VII, 1966. 5. Tomas Schmit, dichiarazione in
"Art and Artists", ottobre 1972. 6. cit. in Daniel Charles, "Gloses
sur John Cage", 10/18, Parigi 1978, pag. 265. 7. Catalogo della mostra
"Fluxshoe" a cura di K. Friedman, Devon 1972, pag. 3. 8. Testo raccolto nel volume antologico
"Silenzio", a cura di Renato Pedio, Feltrinelli, Milano 1971, pagg.
87 ss. . 9. Interpretata da David Tudor a
Woodstock, nel luglio 1952 10. George Brecht,
"Three Lamp Events" (da "cc V Tre", New York, gennaio
1964). 11. Espressione coniata da George Brecht. 12. Dick Higgins,
"Intermedia", in "The Something Else Press Newsletter", n.
1, New York, febbraio 1966. 13. cfr.
"Fluxus Prewiew Rewiew", New York, 1963. 14. George
Maciunas, "Expanded Arts Diagram" in "Film/Culture" ed. Jonas Mekas, inverno
1966. 15. Osservazioni analoghe sono state
svolte da Carlo Romano nell'articolo "Su Fluxus: lineamenti" apparso
in "Alfabeta" n. 31, Milano, dicembre 1981. 16. Può essere utile citare alcuni esempi. In ambito Cobra la mostra "L'object à
travers les ages", tenuta a Bruxelles, al Palais de Beaux-Arts,
nell'agosto 1949, in cui venivano presentati degli "oggetti semplici"
(un telefono, una valigia, delle patate, un cesto contenente indumenti messi a
disposizione del pubblico ecc.) Del '51 è l'"Ambiente spaziale con
luci al neon per lo scalon d'onore della IX Triennale di Milano" di Lucio
Fontana. Dello stesso anno, in campo lettrista, la
séance de cinèma, forma di spettacolo multimediale comportante il
coinvolgimento del pubblico creata da Maurice Lemaître con "Le film est
dejà commencé"; del 58 la teorizzazione da parte di Isisdore Isou
dell'"estetica immaginaria" e dell'"a-phonisme"; del '60 la
proposta del "cadre supertemporel", opera in progress in cui la sigla
da parte dell'autore inaugura un processo di durata indefinita, aperta
all'intervento, cos come al rifiuto di operarvi - di altri artisti. Alla fase di incubazione
dell'Internazionale Situazionista (1956) appartiene la teorizzazione della
"dérive", tecnica psicogeografica fondata sull'attraversamento di
ambienti urbani caratterizati da impronte contrastanti, e del
"détournement"; del 59 sono le tesi sul "superamento
dell'arte" nell'esperienza di estetica diffusa dell'”Urbanisme unitarie” e
l'esposizione dell'environment denominato "La caverna
dell'anti-materia" di Pinot Gallizio, presso la Galerie René Drouin a
Parigi. Fra l'"Ultra-lettrisme" di
"Grammes" (la rivista di Robert Estivals) ed il delinearsi della
tendenza novorealista nascono, ancora negli anni '50, i "décollages
d'affiches" di Hains, Villeglé e Dufrêne (pressoché in concomitanza con le
ricerche di Rotella e Vostell); del '58 il primo impiego, da parte di Yves
Klein d'un "pinceau vivant" e l'esposizion "Le vide" alla
Galerie Iris Clert; del '59 le "Poubelles", gli accumuli di rifiuti
di Arman. Tra il '60 e il '61 i "Corpi
d'aria" e le "Sculture viventi" di Piero Manzoni; i
"Lichtballette" di Otto Piene; il "Sahara Projekt", idea di
installazione su scala smisurata, da attuarsi in collaborazione fra artisti
diversi, concepita da Heinz Mack. Questa elencazione, alquanto sommaria e
affatto eterogenea, nel segnalare l'emergere di tematiche comuni evidenzia la
differente caratterizzazione culturale degli svolgimenti europei rispetto a
quelli propri dello scenario newyorkese in cui matura Fluxus. Un argomento di notevole interesse, qui
non approfondito per ovvie ragioni di spazio, concerne il diverso atteggiamento
politico e sociale di Fluxus (in specie di Henry Flynt e Maciunas) rispetto a
gruppi europei del genere di CoBrA e dell'I.S.. Un ulteriore spunto d'indagine potrebbe
essere costituito da un raffronto fra la teorizzazione della "pittura
industriale" da parte di Pinot Gallizio e l'idea maciunasiana di un "mass-produced
art-amusement". 17. v. G.
Maciunas, "Fluxus (its historical developments and its relationship to
avant-garde movements)", in "Film Culture", cit. . 18. cfr. "Histoire de Ben vue par
Ben" in catalogo mostra "Tout Ben", Nizza, luglio-settembre
1985. 19. Si pone altresì la questione del
rapporto fra Ben ed il Lettrismo. In proposito si possono ricordare le
dichiarazioni dell'artista circa l'influenza esercitata sul suo pensiero da
Isou, in specie per quel che attiene alla teoria del nuovo (cfr. catalogo
mostra "Nizza in Berlin" (1980). Il diretto coinvolgimento di Ben in
attività del gruppo lettrista si desume fra l'altro dalla partecipazione alla
mostra "Lettrisme et Hypergraphie" svoltasi alla Galleria Europa di
Berlino nel 1966. Del medesimo anno è "Defense de quelques positions justes dans le
domaines de la création culturelle, de l'art total, du théâtre et du cadre
supertemporel. Contre les positions
erronées de Ben", lo scritto di Isou che segna uno dei momenti di più
accesa polemica fra Ben e i lettristi. 20. "Situazioni trovate casualmente,
in ordine o disordine, fissate sul loro supporto del momento (sedia, tavolo,
scatola ecc.). Solo il piano viene mutato in rapporto allo spettatore. Il
risultato e' dichiarato opera d'arte" (Spoerri). Esposti per la prima
volta al Festival d'Avant-Garde, Parigi 1960. 21. ed. Galerie Lawrence, Parigi 1962
(trad. Robert Filliou). 22. v. "Daniel Spoerri",
Cnacarchives, Parigi 1972 pag. 78. 23. "De-coll/age" è uscita in 7
numeri, dal 1962 al 1969, con frequenti collaborazioni di esponenti Fluxus. 24. v. J. Schilling,
"Gespräch mit Wolf Vostell" in catalogo mostra "Wolf Vostell. De-coll/ages. Verwischungen.
Schichtenbilder. Bleibilder. Obiektbilder. 1955-79", Kunstverein
Braunschweig (BRD), agosto-ottobre 1980. 25. Adrian Henri,
"Environments and Happenings", Thames & Hudson, Londra 1974,
pagg. 170/1. 26. cfr. voce
Beuys in Harry Mahé, "Fluxus: the most radical and experimental art
movement of the sixties", ed. A,
Amsterdam 1979. Il volume in questione e' fra i piu' ampi e documentati sul
fenomeno Fluxus. 27. In ambito italiano non vanno
dimenticati Sylvano Bussotti né, soprattutto, Gianni Emilio Simonetti, con la
sua elaborazione della "Mutica", sorta di sintesi fra musica e
pittura consistente in spartiti da attraversare secondo percorsi dettati dalla
casualità. Per più precisi riferimenti v. catalogo mostra Galleria La Bertesca,
Genova maggio-giugno 1967 (a cura di Daniela Palazzoli, con testi della stessa,
di Germano Celant, Jean Dypreau, Gillo Dorfles e dell'autore) e, inoltre, Carlo
Romano, "L'arte nello spogliatoio" in "Data" n. 25, Milano,
febbraio-marzo 1977, pagg. 24/28 (dal testo in questione è tratta anche la
citazione di cui alla nota 2). 28. Giuseppe Chiari, "Musica senza
contrappunto", Lerici, Roma 1969 (da cui sono tratte, letteralmente, le
espressioni che seguono). 29. Gillo Dorfles, "Il metodo per
suonare di Giuseppe Chiari", Martano ed., Torino 1979 pag. 133. 30. v. Jean-Marc Poinsot, "La
posterité de Fluxus", in catalogo mostra "Fluxus International &
Co", cit. (si tratta di un articolo ripreso da "Art Press"). 31. v. Marco Meneguzzo, "Fluxus:
un'antologia di operazioni casuali" in catalogo mostra "Fluxus",
Galleria Chisel, Milano 1987, p. 11. 32. La definizione di "fluxismo"
risale a René Block. Sull'argomento è comparso recentemente su
"Contemporanea" (n. 3 sett./ott.) un articolo di Peter Frank
("Fluxus è morto, viva Fluxus")in cui vengono ascritti al fenomeno
John Armleder, Maurizio Nannucci, Tony Cragg, Guillaume Bijl, David Mach,
Reinhard Mucha, Presence Panchounette, Tone Mars, Gerwald Rockenschaub, Laurie
Anderson. 33. Il riferimento è a lavori del genere
di quelli esposti, ad es., dalla Galleria Pinta di Genova nel novembre-dicembre
1987. 34. Per Costantino sussiste un rapporto
diretto con Chiari, testimoniato dalla conversazio-ne pubblicata in margine a
"Quasi niente" (mostra presentata allo Studio Leonardi - Genova nel
febbraio-marzo 1987); Chiari è inoltre esplicitamente citato nel lavoro di
Costantino "Alles ist einfach" esposto in "Agire il mondo",
a cura di Chiara Guidi, Palazzo Mediceo di Serravezza, maggio 1988. Per Falci e
Fontana (v. cat. mostra Galleria Vivita 2, Firenze, febbraio-aprile 1988) va
menzionata la relazione con la ricerca di Sergio Lombardo. 35. cfr. intervista di Christoph Schenker
a John Armleder, in "Flash Art International" n. 130, Milan,
ottobre-novembre 1986. Dal catalogo della mostra "FLUXUS o del principio di
indeterminazione" ed. Studio Leonardi / Caterina Gualco -
Unimedia, Genova 1988. >>> GLI ANNI '50 E
FLUXUS <<< >>> FLUXUS O DEL PRINCIPIO
D'INDETERMINAZIONE <<< >>> TORNA ALLA PAGINA
INIZIALE <<< |