CLAUDIO COSTA: KRAFTZELLEN SR – Sta per inaugurarsi “Kraftzellen”
(cellule di forza? forza delle cellule?) cui parteciperai con Igor
Sacharov-Ross, Peter F. Strass e Jakob De Chirico. Con quali lavori? CC – Questi ultimi che vedi qua attorno.
Sono lavori che prendono le mosse da un viaggio che ho fatto a Lascaux
nell’estate dell’85. Ero stato invitato
ad una mostra lì vicino, si chiamava… beh non ha importanza… ma ho potuto
visitare la grotta che ora, di norma, non è più visibile (ne hanno fatto una
copia). Questo mi ha spinto ad
introdurre in quel che faccio un riferimento alla pittura rupestre, ma, come mi
accade spesso, al contrario, cioè non in graffito ma in rilievo. I personaggi che “costruisco” sono tutti
neri: è una specie di azzeramento che mi dà la possibilità di utilizzare
materiali estremamente diversi senza particolari problemi di accostamento. Il lavoro risulta semplificato rispetto a
quando operavo con l’”oggetto antropologico” di cui mi preoccupavo di
salvaguardare lo statuto. Adesso posso mescolare tutto: Oggetti in plastica,
bottiglie, modanature di mobili, cuoio… Alla mostra
parteciperò con due lavori. Il primo è
costituito da sette pannelli di 80 x 120 centimetri, che possono venire sia
accostati che allontanati. Il fondo è in gesso, lavorato con le mani. E’ molto duro, quasi una parete. Mi interessa lavorare su un muro. Rispetto ai lavori che avevo presentato a
Verona, al Museo di Castelvecchio, in primavera, c’è una minore elaborazione
del fondo: soltanto le tracce delle dita. SR – E costruisci figure totemiche. CC – Sì, sono personaggi che invento
riferendomi un po’ a tutte le culture primitive, anche se il centro rimane
Lascaux. Ormai, adoperando il biaco e
nero, l’assemblaggio avviene secondo un criterio puramente plastico. SR – Ma inserisci sempre molti objects
trouvés. CC – Certo, sono talmente belli che non
posso farne a meno. Ma mi interessano esclusivamente per la loro forma. Anche nel secondo lavoro (che consta di
dieci pezzi, nove dei quali sono collocati su strutture nere ricavate da banchi
di scuola in cui ai ripiani di formica ho sostituito del vetro) ne ho inseriti
diversi. SR – Mi sembra si stia accentuando il tuo
interesse per la scultura. CC – É vero, la scultura oggi mi interessa
in modo particolare. Anche se è sempre una scultura sui generis. Guarda: questo pezzo di intitola
“Pesce-Legno”, l’ho fatto con la testa e la coda di un pesce spada, seccate,
applicandovi in mezzo un ramo trovato sulla spiaggia, dipinto di bianco… Quest’altro invece s’intitola, con riferimento
a Dürer, “la morte e il diavolo”: una scala di legno
su cui si arrampica un diavolo minuscolo in metallo e sotto un girasole. SR – Sembra che invece il richiamo alchemico
stia declinando… CC -
Non so… nel primo lavoro di cui ti ho parlato, in tutti e sette i
pannelli trovi sempre la bottiglia che rappresenta il sesso androgino. Anche nel secondo non mancano i riferimenti:
nella “stadera”, ad esempio, dove uso dei minerali, del solfato di rame… Ma in
questo momento, più dell’alchimia è lo sciamano che mi affascina. SR – Cosa farai dopo Monaco? CC – Ho in programma per marzo una mostra a Milano, al Mercato del Sale, in cui esporrò di nuovo, fra l’altro, l’armadio che ho presentato all’ultima Biennale di Venezia. (1987) >>> TORNA ALLA PAGINA
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