ADDIO A CONSTANT






"E' il nostro desiderio che fa la rivoluzione": così Constant Nieuwenhuys, il pittore-architetto olandese scomparso il primo agosto ad Utrecht, all'età di ottantacinque anni, intitolava il suo primo manifesto, pubblicato nel 1949 su "Cobra", la rivista pubblicata dall'omonimo gruppo di artisti sperimentali.
"Parlare del desiderio" - annotava allora - "per noi, uomini del ventesimo secolo, è parlare dell'ignoto, perché tutto ciò che sappiamo dell'impero dei nostri desideri è che questi si riconducono ad un immenso bisogno di libertà". Un bisogno al quale Constant ha dato espressione dapprima nella pittura, realizzando alcune delle tele più dirompenti del secondo dopoguerra che traggono linfa dall'arte popolare, dai graffiti, dai disegni dei bambini la cui sola legge "è quella che dà loro, spontaneamente, il senso della vita". Nascono allora dipinti come "La piccola scala" (1949), ora al Gemeente Museum dell'Aja, popolata di pupazzi multicolori e di schematici profili d'uccelli, o "Festa della tristezza", dello stesso anno, ove campeggiano inquietanti animali fantastici.
Attorno alla metà degli anni '50, in concomitanza con l'adesione al Movimento Internazionale per un Bauhaus Immaginista, fondato da Asger Jorn, e sfociato poco dopo nell'Internazionale Situazionista, si accentua il suo interesse per l'architettura, motivato dal potenziale di rinnovamento di quest'arte, dovuto alle nuove estetiche "che hanno liberato l'immaginazione umana da tutti i tabù" e dagli sviluppi della tecnica costruttiva che "non pongono praticamente alcun ostacolo alla realizzazione di forme libere, in una concezione inedita dello spazio".
Il primo progetto in questa nuova prospettiva nasce ad Alba, dove Constant si era recato per il Primo Congresso Mondiale degli Artisti Liberi (1956) ed aveva poi soggiornato per un certo periodo.
Qui, Pinot Gallizio, inventore della Pittura Industriale e Re degli Zingari, chiede all'artista di progettare una struttura per ospitare i nomadi in transito. A partire dalla maquette per l'Accampamento degli Zingari Constant sviluppa progressivamente l'idea di New Babylon, città utopica, fondata - come ha scritto Jean-Clarence Lambert - "su due postulati: la nomadizzazione della popolazione; la generalizzazione del comportamento ludico, che sostituisce gli svaghi mercificati".
Una provocazione che ha investito in maniera a un tempo critica e creativa uno degli aspetti più controversi della società contemporanea, sul quale si è concentrato non solo l'interesse dei gruppi, come l'I.S. e in seguito i Provos olandesi che, secondo prospettive diverse, miravano ad un radicale mutamento della vita quotidiana ma la riflessione degli architetti e degli storici dell'arte, consegnandogli una fama planetaria.
Tornato quindi a dipingere, con immagini labili e raffinate che svariano fra il mito ("La conversione di Venere", 1977; "Orfeo" 1988-89) e la realtà dolente del nostro tempo ("Il massacro di My Lai, 1972; "I rifugiati", 1991), Constant ha continuato sino all'ultimo ad operare fra gli estremi di quello che chiamava "il dilemma del creatore" contemporaneo. Stretto fra un passato conchiuso ed un futuro appena abbozzato, questi "deve continuare ad essere un ideatore flessibile; deve suggerire quando vorrebbe agire, tracciare schizzi quando vorrebbe costruire. Ma questi schizzi sono importanti, perché iniziano a ribaltare il mondo utilitario dove la creatività non è che fuga e protesta; perché delineano l'uomo nuovo, homo ludens".

s.r. (4/8/2005)


>>> TORNA ALLA PAGINA INIZIALE <<<