JACQUELINE DE JONG
di Sandro Ricaldone


Al di là della leggenda che tuttora avvolge l'Internazionale Situazionista ed i suoi membri - sebbene vi sia chi ha iniziato a parlare, a questo proposito, di un mito spezzato (1) - ciò che effettivamente rileva in rapporto a questa esperienza, prima e dopo la fuoriuscita degli artisti, è il confronto di idee da cui è sorta e che ha alimentato al suo interno. Un confronto fra polarità non soltanto diverse ma divergenti, la cui coesistenza si prospettava, sin dalla fondazione, difficile (2).

Se - come ha osservato Roberto Ohrt - "il fatto che negli anni della sua invenzione e proclamazione l'I.S. fosse composta quasi esclusivamente di artisti non può essere attribuito ai capricci dell'epoca", è altrettanto vero che la stretta contiguità da questi ipotizzata fra "i collages, i libri d'artista, gli studi e i luoghi d'incontro bohème" ed "i pamphlets e i manifesti rivoluzionari” (3) non sembra offrire una spiegazione convincente del fenomeno.

L'essere partecipi di un modo di vita da absolute beginners ( I've nothing much to offer / There's nothing much to take / I'm an absolute begin-ner / And I'm absolutely sane / As long as we're together / The rest can go to hell ), divisi fra la convinzione nei propri mezzi ( Nothing we can't shake / ... / we're certain to succeed ) (4) e la consapevolezza di condurre un'esistenza insieme ai margini e parziale ( nous vivons en enfants perdus (5), nos aventures incomplètes, nos aventures démesurément petites ) (6), può aver costituito per alcuni dei membri la base di un sentire comune, così come condiviso era certamente "il rifiuto del mondo" (7) così com'era, l'aspirazione a sovvertire lo status quo.

Tuttavia, quanto alle "azioni appropriate" (8), da dispiegare al fine di costruire "un'alternativa rivoluzionaria alla cultura dominante" (9), le prospettiva - come si è accennato - divergevano notevolmente: per Jorn la rivoluzione (o meglio la sperimentazione) doveva attuarsi nei linguaggi artistici e l'avversario era rappresentato dal funzionalismo prodotto dalla standardizzazione industriale; per Debord la realizzazione dell'arte si sarebbe compiuta attraverso il passaggio ad "un'organizzazione superiore del mondo" (10), prefigurata, in modo del tutto episodico, nella costruzione di "situazioni", ed il nemico veniva individuato nello "spettacolo" utilizzato dal potere come strumento di mistificazione e dominio.

Proprio per la natura di questo dibattito, teso quanto lucido, e per le insorgenze creative che attorno ad esso si disponevano (la pittura industriale e la Caverna dell'Antimateria di Gallizio; le "modifications" di Jorn, la progettazione di New Babylon da parte di Constant, i diversi numeri di "Spur", l'ideazione della mostra-labirinto per lo Stedelijk Museum (11) e così via) l'I.S. doveva rappresentare - pur nel breve periodo di appartenenza (settembre 1960 - febbraio 1962) - un'esperienza fondamentale per la giovane artista, che proprio in quel momento iniziava il suo percorso espositivo.

L'uscita dall'organizzazione si verifica nel contesto delle espulsioni del Gruppo Spur e del polo scandinavo costituito da Jorgen Nash e Ansgar Elde: Jacqueline De Jong definisce la sua posizione indipendente attraverso un manifesto (12) in cui prende partito, non in opposizione alla teoria ed ai progetti del gruppo, ma stigmatizzando "il falso uso del movimento" da parte di Debord, Kotanyi, Lausen e Vaneigem, in un "gioco" troppo simile ad un altro (quello che si svolgeva nello scenario della Guerra Fredda), molto pericoloso per l'Europa. L'ispirazione situazionista continuerà peraltro a manifestarsi ancora a lungo, attraverso la creazione della rivista "The Situationist Times", pubblicata in sei numeri fra il maggio '62 e l'autunno '67 (13).

Gli esordi dell'artista si collocano nella scia dell'automatismo fisico di ascendenza Cobra (14), interpretato con istintiva intensità in dipinti dove il ripetuto affiorare di occhi e di labili profili rivela la presenza di personaggi indefiniti e di entità animali (come d'altronde suggerisce il titolo di un noto dipinto del 1961, "Nights Animals") ai quali può fondatamente applicarsi l'osservazione di Dotremont a proposito di Jorn: "serrati ai misteri della profondità e innamorati del-la superficie” (15). Questo momento inaugurale, documentato in mostra da opere come il precoce "Milano" (1960) e il più ampio "Good Looks" (1961) nel quale il tema dello sguardo emerge drammaticamente attraverso le palpebre dischiuse nelle sagome, vaghe e selvagge, raggruppate nel quadro, trova un significativo complemento in una serie di lavori su carta, composti a partire dal 1959 (16), dove la macchia e la traccia grafica, talora stesa a matita, stabiliscono fra loro un rapporto concitato, legandosi in un intreccio che si dirama nervosamente nello spazio.

Fra il 1962 ed il 1963 Jacqueline De Jong - che vive a Parigi frequentando la cerchia di Cobra e dell'Art Brut e, contemporaneamente, artisti della generazione più giovane come Daniel Spoerri ed Erik Dietmann (17) - viene progressivamente ad affrancarsi dalla maniera precedente, influenzata dalla pittura di Jorn (18). Le figure, in precedenza solo indirettamente alluse, emergono con irruenza bar-barica, dilatandosi sulla tela in presenze deformate e titaniche. Questa svolta viene approfondita nei cicli degli "Accidental Paintings" (1964) e dei "Suicidal Paintings" (1965), toccando apici di espressività febbrile come si può riscontrare in un dipinto pervaso da un'intensa corrente erotica come "Qu'il a mauvaise mine" (1965), incluso nell'odierna rassegna, dove una sorta di mostruoso cane-minotauro soverchia con l'oscurità della sua mole il corpo di una donna dal volto pesantemente imbellettato.

Una corda più leggera, ironicamente similpop, si manifesta nella sequenza della "Secret Life of Cosmonauts" (1966) in cui gli eroi dell'avventura astronautica gravitano attraverso gli sfondi di vita quotidiana coltivati nelle loro fantasie, fra incontri in strada e convegni sessuali, delineati con la corsività dei cartoons. Lungo la medesima direttrice si dispiegano, all'inizio degli anni '70 - dopo la rivolta del maggio '68, cui De Jong prende parte attiva, realizzando con altri artisti numerosi manifesti - le tavole della "Kroniek van Amsterdam" (1971), dove le immagini, popolate di oggetti e di arredi oltre che di personaggi, si affiancano alla scrittura diaristica, in una efficace anticipazione pittorica della Narrative Art, venuta alla ribalta a New York appena due anni dopo.

Ancora in un ambito di "nuova figurazione" si collocano i quadri della seconda metà degli anni '70, molti dei quali dedicati al gioco del biliardo per trascorrere quindi verso una ritrattistica di stampo iperrealista. L'originaria vena di esasperata espressività monta però di nuovo all'alba del decennio successivo (19), in una versione che - rispetto alle prove precedenti di quest'ambito - riserva una minore importanza alla materia, privilegiando un impianto maggiormente sintetico, in cui le stesse deformazioni degli ambienti e dei protagonisti si compongono in calcolate interferenze di contorni curvilinei e acuminati, talora (come si può riscontrare nella serie "Upstairs/Downstairs", del 1985) calate all'interno di uno spazio baconiano.

Incursioni nel campo della scenografia (nel 1988, per l'allestimento della Madama Butterfly alla Nederlandse Opera), installazioni ambientali (nella sede della Nederlandse Bank Drachten, 1992) fanno da sfondo all'ingresso nell'ultimo scorcio del Novecento, segnato dalla prima Guerra del Golfo che ispira all'artista un nuovo ciclo di opere dove campeggiano, fra cieli e distese di sabbia infuocata, squadroni di carri armati e immobili megaliti.

Alla metà del decennio appartengono due fra le opere in mostra a Livorno: "Carbreak" e "Piano", realizzate su tela da vele applicata su tavola. Qui riappare l'interesse, "un misto di fascinazione e di avversione" secondo l'autrice, per l'evento drammatico già posto al centro della "Série noire" (1981), basata su fatti di cronaca, nel cui ambito spicca "Le professeur Althusser en étranglant Nina K." dove, con un duplice détournement, si sovrappongono episodi (l'assassinio di Nina Kandinsky ad opera di una banda di rapinatori e l'uccisione della moglie da parte del filosofo Louis Althusser) distanti fra loro nello spazio e nelle circostanze, anche se vicini nel tempo. Ma l'accento sembra spostarsi - specialmente in "Carbreak", ove è riprodotto una sciagura automobilistica - verso la percezione di una catastrofe prossima, della quale l'accidente ("ce qui arrive", nella versione etimologica di Virilio) raffigurato rappresenta un frammento precorritore.

In una temperie d'angoscia s'inquadra uno dei più recenti fra i dipinti in mostra, la gigantesca figura intenta a sbranare un essere umano, altro emblema della condizione della società nei tempi

moderni, che rimanda al "Saturno che divora i suoi figli" di Goya. Dal maestro spagnolo trae ispirazione anche "Flying daggers" (2005), dove ai bastoni impugnati nel duello effigiato nel dipinto originario vengono sostituiti i pugnali volanti resi celebri dal film di Zhang Yimou.
A far da contrappunto ai drammi della contemporaneità compaiono in mostra alcune delle "Modifications", realizzate a quattro mani con Enrico Baj, in omaggio ad Asger Jorn (20), immagini oleografiche détournées con ludica rapidità che - analogamente ai gioielli realizzati con le patate essiccate del suo orto - riportano alla prima stagione situazionista, quando si proclamava che la "azione sul comportamento, connessa agli altri aspetti auspicabili di una rivoluzione dei costumi, si può definire sommariamente attraverso l'invenzione di giochi di nuova natura" (21).

 

1) Fabien Danesi, Le mythe brisé de l'Internationale Situationniste, Les Presses du Réel, Paris, 2008. (V. pag. 285: "Imboccando la via del mito, il gruppo aveva assunto il rischio di vedere la propria storia assimilarsi alle grandi narrazioni così screditate. La sua integra-zione non è stata dunque dell'ordine odioso del recupero. Soggiaceva a questa bella leggenda aurea").

2) V. Sandro Ricaldone, Una situazione provvisoria. Cosio 1957, Liberodiscrivere, Genova 2007.

3) Roberto Ohrt, Situations: everywhere or nowhere (an exception among men), in Jacqueline De Jong: Undercover in art, Ludion, Amsterdam-Gent, 2003, pag. 104.

4)David Bowie, Absolute Beginners, brano della colonna sonora dell'omonimo film diretto nel 1986 da Julian Temple. Il testo recita: non ho molto da offrire / non ho molto da prendere / sono un esordiente assoluto / e sono assolutamente equilibrato / fino a che siamo insieme / il resto può andare all'inferno / ... / non c'è niente che non possiamo scuotere / ... / siamo sicuri di riuscire.

5) Termine militare francese che definisce gli esploratori inviati nel campo nemico, il cui ritorno è incerto.

6) Guy Debord, Hurlements en faveur de Sade, film, 1952 (sceneggiatura pubblicata su Ion n. 1 - N° special sur le cinéma, avril 1952. La frase citata è a pag. 229).

7) "Ce qui nous réunissait, c'était au fond le rejet du monde" (Les temps situationnistes. Entretien avec Jacqueline De Jong in Archives & Documents Situationnistes, n. 1, automne 2001, Denoël, Paris, 2001, pag. 27.

8) Guy Debord, Rapport sur la construction des situations, Paris, 1957, pag. 3.

9) Guy Debord, Rapport sur la construction des situations, Paris, 1957, pag. 20.

10) Guy Debord, Rapport sur la construction des situations, Paris, 1957, pag. 3.

11) Mostra che non fu poi concretamente realizzata. Sandberg le sostituì una personale di Pinot Gallizio.

12) Jacqueline De Jong, Critique on the political practise of detournement , in The Situatio-nist Times n. 1, 1962.

13) V. Cristophe Bourseiller, une enciclopédie des formes: The Situationist Times, in Jac-queline De Jong: Undercover in art, op. cit., pagg. 137-146.

14) Occorre rammentare, a questo punto, che i genitori dell'artista avevano raccolto negli anni successivi al secondo conflitto mondiale un'importante collezione di opere di autori contemporanei, fra i quali figuravano Dubuffet, Corneille e Jorn. Jacqueline De Jong, lavorava - proprio in quegli anni - come assistente di Willem Sandberg allo Stedelijk Museum di Amsterdam, dove si era tenuta nel 1949 la prima importante rassegna di Cobra.

15) Christian Dotremont, Il est rare d'étre sûr, exposition Asger Jorn, Galerie Taptoe, Bruxelles, marzo-aprile 1956.

16) La qualità di queste opere rende ragione del fatto che Willem Sandberg, ritenendo l'autrice particolarmente dotata in campo grafico, la inducesse a recarsi a Parigi, per approfondire lo studio dell'incisione presso l'Atelier 17 di Stanley Hayter.

17) In Francia erano apparsi il Nouveau Réalisme (ottobre 1960) e la Figuration narrative, il cui epicentro espositivo è costituito dalla mostra "Mythologies quotidiennes" allestita da Gérald Gassiot-Talabot al Musée d'Art moderne de la Ville de Paris nell'estate del 1964. Nel 1962 Jean-Jacques Lebel crea il Free Expression Workshop presso l'American Students and Artists Center di Parigi, dove propone i suoi happenings, cui la stessa de Jong prende talvolta parte, proponendo in proprio, nel 1965, "La Garde-Robe" una sorta di "happening-esposizione" nell'atelier del pittore argentino Antonio Segui.

18) L'influenza di Jorn era stata rilevata da Cees Doelman nella recensione alla personale tenuta alla Galerie Delta di Rotterdam, apparsa sulla Nieuwe Rotterdamse Courant del 30 novembre 1962. Con l'artista danese Jacqueline De Jong ebbe una relazione, protrattasi dal maggio 1959 al dicembre 1969.

19) In ineccepibile sincronismo con il rivolgimento che doveva portare all'affermazione della Transavanguardia italiana e dei Neuen Wilden in Germania.

20) Enrico Baj - Jacqueline de Jong, Hommage à Jorn 25 modifications, esposte nella mostra Jorn/Spoerri/Baj alla Galleria Ronny van de Velde di Anversa, nell'aprile 1998.

21) Guy Debord, Rapport sur la construction des situations, Paris, 1957, pag. 16.  

 

 

(Galleria Peccolo, maggio 2010)

 

 

 

 

 

 

>>> TORNA ALLA PAGINA INIZIALE <<<